La responsabilità di chi informa è enorme (l’editoriale di David Oddone)

Il recente tentativo di assassinio di Donald Trump, ferito da un cecchino durante un comizio in Pennsylvania, ha innescato una catena di eventi che mette in luce un problema altrettanto grave: la diffusione incontrollata di fake news. Un profilo anonimo ha diffuso su X una notizia falsa attribuendo l’attentato a un inesistente “Mark Violets”, sfruttando la foto di Marco Violi, un giornalista sportivo romano, del tutto estraneo alla vicenda. Tale caso non è solo un episodio di disinformazione, ma una critica feroce verso chi avrebbe il dovere di verificare le informazioni prima di diffonderle: i giornalisti.

La macchina delle fake news si muove con una rapidità impressionante. Il tweet falso ha raccolto milioni di visualizzazioni prima della rimozione, dimostrando come l’algoritmo dei social media favorisca la diffusione di contenuti sensazionalistici senza preoccuparsi della veridicità. Tuttavia, il problema più grave è rappresentato dalla superficialità con cui diversi media tradizionali hanno ripreso e amplificato la notizia senza alcuna verifica. L’inesistente “Mark Violets” è diventato, nel giro di poche ore, l’attentatore di Donald Trump su numerosi siti e telegiornali internazionali.

Questo comportamento irresponsabile mina profondamente la fiducia del pubblico nei confronti dei media. I cittadini, bombardati da informazioni contrastanti e spesso false, diventano sempre più scettici e disillusi. La sfiducia si insinua come un veleno, rendendo difficile distinguere tra realtà e finzione. In un’epoca in cui la verità è già sotto assedio, il compito dei giornalisti dovrebbe essere quello di difenderla con rigore e professionalità. Purtroppo, la corsa alla notizia e la competizione per i click portano troppo spesso a sacrificare l’accuratezza sull’altare della velocità.

Il caso di Marco Violi, svegliato nel cuore della notte dalle notifiche che lo accusavano di un crimine mai commesso, è emblematico. Un professionista si è trovato coinvolto in una vicenda assurda, vittima di un sistema che privilegia la rapidità alla verità. La sua reazione, una denuncia per diffamazione, è un atto dovuto, ma non sufficiente. Occorre una riflessione più ampia e profonda sul ruolo dei media nell’era digitale.

La responsabilità di chi informa è enorme. Ogni notizia, ogni tweet, ogni post ha il potenziale di influenzare le opinioni e le vite delle persone. Ignorare la verifica delle fonti, propagare informazioni non confermate, significa tradire la fiducia dei lettori e alimentare un clima di incertezza e sospetto. È un gioco pericoloso che può avere conseguenze devastanti.

La verità, per quanto scomoda, dovrebbe sempre essere il faro che guida l’operato dei giornalisti.

Per citare Mark Twain: “Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe”. È necessario che la verità cominci a correre più veloce, sostenuta da un giornalismo responsabile.

 

David Oddone

(La Serenissima)