La retorica della guerra fra gli antichi miti e le moderne tragedie (l’editoriale di David Oddone)

Lo studio della storia dovrebbe insegnarci a non ripetere i medesimi errori. Soprattutto dovrebbe educare le persone a non cadere nelle trappole che troppo spesso i governanti disseminano ovunque per rendere poco comprensibile il proprio operato.

La ragione è poter agire indisturbati senza il doveroso controllo a cui vengono sottoposti in democrazia.

Prendiamo l’Iliade, che dovrebbe avere più o meno tremila anni.

Il principe troiano Paride, ospite del Re di Sparta, Menelao, compie un delitto terribile.

Approfittando dell’ospitalità – sacra per gli Antichi – se la squaglia con Elena, consorte del sovrano lacedemone.

Da lì, a causa del cocente sgarbo, tutti i greci si uniscono e fanno guerra a Troia.

Gli Aedi, i poeti e musicisti del tempo, un po’ gli antesignani dei giornalisti, amavano raccontare questa favella, che si faceva strada fra la gente.

Mi immagino le comari a spettegolare e lanciare strali contro la povera Elena, “colpevole” di uno scontro che, con l’iraconda e indifferente complicità di Achille, “infiniti addusse lutti agli Achei” ma anche agli stessi figli di Priamo.

Come del resto avviene ora insomma, le effettive motivazioni dei conflitti erano avvolte nella retorica: così voleva il mainstream!

Allora come oggi, per camuffare le reali intenzioni, si cercava di scaricare sugli “dei”, che saranno pure stati “falsi e bugiardi”, per parafrasare il Sommo Poeta, ma diventavano piuttosto utili quando non ci si voleva assumere le proprie responsabilità.

Meglio dare la colpa al pomo della discordia se ci si imbarcò – letteralmente – verso un assedio di dieci anni, che secondo Agamennone però, si sarebbe concluso in pochi mesi.

Ebbene, dopo tremila anni non è cambiato assolutamente nulla.

A muovere le coscienze e soprattutto gli eserciti sono difficilmente ragioni di onore o di fratellanza, ma è sempre il vil denaro.

Troia faceva gola agli Achei, era ricca e in una posizione strategica lungo le rotte commerciali del Mar Egeo. Le casse di Micene languivano. E la bella e possibile Elena fungeva da validissimo pretesto.

Ma perché dovremmo dar peso a tutto ciò? In fondo stiamo parlando di un mito, mica della realtà. Giusto?

La realtà, appunto. C’è qualcuno che pensa che l’attacco contro l’Iraq, fu sferrato per eliminare le armi di distruzione di massa? O magari per fermare le sistematiche violazioni dei diritti umani e i numerosi crimini di cui il regime iracheno era responsabile? No. Ovviamente dietro a quella che passò alla storia col nome di Seconda Guerra del Golfo, c’era il controllo delle risorse energetiche, l’oro nero.

Eppure nell’epoca della comunicazione, dei social media, degli smartphone, c’è ancora chi crede alle favole.

E perché no? Fatti, personaggi, protagonisti, cantori… sempre quelli sono.

Abbiamo eserciti contrapposti, al posto degli aedi ci sono fior di giornalisti, siamo passati dalle religioni politeiste a quelle monoteiste, ma soprattutto c’è chi riesce a narrare al popolo che a muovere talune decisioni sia il cuore e non certo i soldi.

Non è indispensabile avere Virgilio quale compagno d’avventura, come accadde a Dante nel suo viaggio infernale; è sufficiente aver letto le sue opere.

Per cambiare il vento a nostro personale vantaggio non è accettabile sacrificare Ifigenia sull’altare.

Ecco perché resto particolarmente scettico, quando l’Agamennone di turno spiega con irritante leggerezza che nel 2024 è legittimo bombardare civili per rincorrere un ideale.

Sarebbe invece utile e corretto comprendere e dire a chiare lettere per quale motivo ogni cosa appare sfuggita di mano e non solo l’Europa, ma l’Africa e il Medioriente sono una polveriera pronta ad esplodere. Cui prodest?

Solamente partendo da tale premessa, io credo si possa dare una lettura obiettiva e meno parziale di quanto sta accadendo, rendendo più agevole trovare possibili soluzioni.

Ma forse, come si dice, guardo troppi film, anzi per rimanere in tema, credo troppo ai miti.

 

David Oddone

(La Serenissima)