L’insediamento della nuova amministrazione Trump porta con sé un’ondata di incertezze e aspettative sul futuro delle politiche tecnologiche negli Stati Uniti e di riflesso, nel mondo. Se da un lato l’ex presidente ha mostrato una posizione ambigua nei confronti delle grandi piattaforme digitali, passando da proposte di divieto per TikTok a una nuova vicinanza con leader come Elon Musk, dall’altro lato il dibattito si infiamma su temi cruciali come la regolamentazione dell’intelligenza artificiale e la revisione delle norme sulla responsabilità dei social media. La domanda che emerge con forza è se la nuova fase rappresenterà una spinta verso l’innovazione o un pericoloso passo indietro nella protezione dei diritti digitali e della sicurezza degli utenti.
Il ritorno di Trump sembra destinato a portare un approccio meno restrittivo verso le big tech, con il probabile smantellamento di alcune regolamentazioni introdotte durante l’amministrazione Biden. La rimozione di Lina Khan dalla Federal Trade Commission, figura chiave nella lotta contro i monopoli digitali, potrebbe segnare una svolta nella politica antitrust, favorendo una nuova era di fusioni e acquisizioni che consoliderebbe ulteriormente il potere di giganti come Google, Amazon e Meta. Tale prospettiva solleva interrogativi sulla capacità delle autorità di bilanciare l’innovazione con la necessità di mantenere un mercato competitivo e accessibile.
Uno dei temi più urgenti è quello legato alla sezione 230 del Communications Decency Act, che finora ha protetto le piattaforme dalla responsabilità sui contenuti pubblicati dagli utenti. La possibilità di rivedere la norma potrebbe avere un impatto dirompente, alterando il modo in cui le piattaforme moderano i contenuti e potenzialmente esponendole a una valanga di azioni legali. Paradossalmente, una stretta su queste norme potrebbe colpire anche piattaforme come Truth Social, di proprietà dello stesso Trump, e il social X di Elon Musk, creando un intreccio complesso tra interessi politici e dinamiche di mercato.
In parallelo, l’amministrazione si troverà a gestire tutto lo scottante dossier sull’intelligenza artificiale. Mentre settori come la sanità, la sicurezza e il lavoro vengono trasformati da questa tecnologia, il dibattito si concentra sulla necessità di regolamentazioni che prevengano gli abusi e mitighino i rischi. Tuttavia, la promessa di un minor controllo federale potrebbe favorire l’adozione di norme più leggere, ponendo l’innovazione sopra la tutela dei diritti individuali e la sicurezza nazionale. La figura di Musk, consigliere influente per Trump, rappresenta un enigma: promotore di una rapida espansione tecnologica, ma consapevole delle minacce intrinseche, ha alternato richieste di pausa nello sviluppo dell’IA a proposte per una deregolamentazione totale.
Infine, la questione della sicurezza online per i minori potrebbe rappresentare uno dei pochi terreni di dialogo bipartisan, ma le difficoltà di raggiungere un consenso su normative efficaci e applicabili dimostrano quanto il percorso sia ancora accidentato.
Il vero nodo insomma non è se Trump sarà in grado di mantenere le sue promesse o di affrontare le sfide del nostro tempo, ma se la tecnologia stessa sarà ancora uno strumento di progresso o diventerà l’arma definitiva per consolidare il potere. Oggi i dati sono il nuovo petrolio e gli algoritmi i nuovi legislatori: il pericolo più grande non è quello di fallire nel regolare, ma di riuscire nel modo sbagliato. Se la tecnologia continuerà a essere lasciata nelle mani di pochi, senza un controllo democratico reale, ci ritroveremo a vivere in un mondo in cui non sarà la politica a governare il digitale, ma il digitale a governare la politica.
David Oddone
(La Serenissima)