La Russia fuori dalle Olimpiadi

russia olimpiadiL’ATLETICA russa sospesa con effetto immediato e in via provvisoria. Il verdetto più difficile s’è adagiato nella notte, dopo un estenuante dibattito tra i membri della Iaaf. E il voto del Comitato esecutivo è stato quasi unanime: 22 a 1. Una squalifica che significa addio alle Olimpiadi di Rio per l’atletica russa anche se non è stato ancora definito il periodo di sospensione e soprattutto se, la via «provvisoria» decisa dalla Iaaf, aprirà la via all’attenuante del ‘pentimento per buona condotta’, e cioè uno sconto da consumare in futuro, in caso di fattiva collaborazione e dimostrazione di radicale cambiamento. «Il nostro messaggio non poteva essere più forte – le parole del presidente della Iaaf Sebastian Coe – Stiamo mettendo in chiaro che chi bara non puo’ essere tollerato. Ma l’intero sistema ha fallito, non solo in Russia ma in tutto il mondo»
La Russia era pronta a tutto. Non nel senso di mostrare i muscoli, come ha fatto a caldo. Fedeli alla ‘strategia dell’agnello’ imposta da Putin, i governanti dello sport russi hanno virato sulla la rotta della diplomazia e del mea culpa parziale, cercando clemenza e collaborazione con Cio, Wada, Iaaf. Mentre, alle 19, i 27 componenti del Comitato esecutivo della Federatletica internazionale presieduto da, si riunivano in conference call, Vitaly Mutko, ministro dello sport fedelissimo di Putin, si faceva in quattro per tenere caldo il filo mediatico. Sì proprio lui, il potente Mutko, accusato dalla Wada di essere il regista della Spectre del doping. S’è destreggiato, Mutko, tra ammissioni di colpa, punzecchiature, messaggi per niente velati e un’irrefrenabile voglia di collaborare con i ‘buoni’. «Dimettermi? Non ci penso proprio», dice Mutko, dopo aver piazzato un duro affondo, rivelando che la Iaaf, dal 2008 avrebbe tenuto nascosti 155 casi di doping dei quali, ‘soltanto’ 15 russi. Ha dichiarato, poi, che arriverà una svolta radicale. Come? azzerando la Rusada – l’antidoping domestico – creando «una nuova organizzazione, nella più ampia collaborazione con la Wada. Il presidente Putin ci ha dato indicazioni per trovare un piano comune e se dovremo licenziare tutti, lo faremo». Strategia dell’agnello, appunto. L’urlo antidoping arriva anche dal tennis con Roger Federer che sostiene l’ingresso del protocollo Wada nel tennis da anni: «Sarebbe tutto più chiaro, ogni volta che si arriva ai quarti di un torneo ricco, dovresti sapere che sarai sottoposto ai test. Sarebbe il modo migliore per spaventare la gente…». E, nel giorno in cui il Parlamento tedesco approva la legge antidoping che prevede il carcere fino a 3 anni per gli atleti, dall’Italia Alex Schwazer rivela: «Mi avevano promesso che se fossi diventato russo sarei stato più veloce…».