La storia della ricchezza e l’avvento dell”homo habens’

(ANSA) – ROMA, 25 FEB – Citazioni e testi accademici non
devono spaventare: sono la chiave d’accesso, un codice Enigma
per entrare nel mondo ironico, colto e divertente di Maurizio
Sgroi, autore di “LA STORIA DELLA RICCHEZZA. L’avvento dell’Homo
Habens e la scoperta dell’abbondanza”. Sono 412 pagine, 22 euro,
edite da DIARKOS e ancorate alla storia e all’economa
dall’analisi dei classici e dalle leggi matematiche, con giochi
di parole e aneddoti dettati dalla freschezza dell’uomo digitale
e dalla profondità del ricercatore analogico. Intorno ad un
tema: da Uruk alle criptovalute, dai regni dell’Accadia a Gordon
Gekko, ‘Avere e Potere’ vanno di pari passo dando vita alla
storia dell’Uomo, plasmandola e modificandola seguendo chi di
volta in volta ha in mano il credito, ovvero la ricchezza.
    Poiché la tesi più affascinate portata avanti da Sgroi è che la
critica sociale porta i poveri ad entrare nella storia. Il
quarto stato diventa protagonista nelle civiltà occidentali.
    Dopo le società della miseria, o più primitive, dove governano
solo i ricchi, le diverse rivoluzioni borghesi, l’”adolescenza
del capitalismo” nel Seicento olandese e nel Settecento francese
portano alle comunità organizzate dalla ricchezza, nelle quali a
governare sono ‘anche i ricchi’ e non più soltanto loro’. Il
benessere ambito e i mercanti portano dalla tirannide alla
democrazia. Insomma, per dirla con Montesquieu, citato nel
volume, “mentre gli spagnoli possedevano l’oro e l’argento
inglesi e olandesi trovano il modo di svalutare entrambi:
fondano banche e compagnie e con nuovi artifici moltiplicano a
tal punto i segni delle merci che l’oro e l’argento li
denominano solo in parte”. Il preludio ai derivati e tutto ciò
che ne consegue? L’ingresso nella moderna economia esige
dinamismo delle élite e delle classi dominanti, osserva Sgroi.
    E’ un libro di storia, per gli amanti della materia e
dell’economia ma soprattutto per chi vuole iniziare a
comprenderli da un punto di vista non legato alla narrazione
comune. Come quantificare la ricchezza insita nel tempo libero o
misurare il prezzo della libertà in società sempre più evolute e
interconnesse. Nel volume si parla del mondo, in particolare
dell’Occidente, nato dall’incrocio della cultura classica con il
monoteismo ebraico-cristiano, dove la ricerca della libertà
religiosa condiziona non poche mutazioni nei protagonisti del
capitalismo. Per finire nell’epoca della globalizzazione, perché “saremo globali o non saremo”. E al Vecchio Continente è
dedicato anche il postscriptum, un “memento Europa” in cui si
ricorda il travagliato percorso attraverso il medioevo, la
nascita degli stati nazionali, l’avventurosa strategia di
Bismarck. “L’Europa di domani, potrebbe somigliare alla Germania
del cancelliere di ferro. E un’Europa ‘germanizzata’, per dirla
con Thomas Mann, deve sempre ricordare la propria storia per non
commettere per la terza volta il suo errore fatale”. “Dobbiamo
investire ogni cosa, compresa la nostra ricchezza, faticosamente
conquistata, nella creazione di un futuro migliore per sempre
più persone”. Questo è il senso, l’”unico possibile” della
storia della ricchezza. Con questo comandamento morale:
redistribuirla e aumentarne il valore, ovvero le fondamenta per
un mondo in progresso, più inclusivo, più prospero. Almeno fino
a quando non ci sarà un sistema migliore per realizzarlo.
    (ANSA).
   


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