UN ANNO. Tanto tempo è passato dal macabro ritrovamento dei cadaveri di Adriana Stadie, 44 anni, della figlia Sophie Anette, 15 anni, entrambe di origine argentina, e del compagno della donna, Alvaro Cerda Cedeno, 36 anni, ecuadoregno. I corpi mummificati dei tre sudamericani e del loro cagnolino furono scoperti il 13 gennaio 2015 al piano terra di una villetta di via Vanzetti, a Villaggio Argentina (frazione di Misano Adriatico), a quasi cinquanta giorni di distanza dal decesso. Le due donne erano in camera da letto, abbracciate l’una all’altra. Su di loro nessun segno di violenza. A differenza di Alvaro, trovato in corridoio con i polsi tagliati e in un lago di sangue. Un massacro di famiglia avvenuto nell’indifferenza generale. Un giallo che, da allora, è rimasto senza soluzione. Gli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Luca Bertuzzi (che a settembre aveva richiesto una proroga di sei mesi per lo svolgimento delle indagini), stanno ancora cercando di mettere insieme i tasselli del puzzle. Ma l’impresa appare tutt’altro che semplice.
Due le ipotesi: incidente oppure omicidio-suicidio. L’autopsia ha accertato che nel sangue delle due donne (e in quello del cagnolino) era presente una quantità di monossido giudicata letale. Monossido trovato anche nell’organismo di Alvaro, benché in percentuale molto inferiore. A uccidere madre e figlia, questo è certo, sono state le esalazioni. Alvaro, tornando in casa e trovandole morte, avrebbe a quel punto deciso di farla finita tagliandosi le vene. Già, ma in che modo si è propagato il gas velenoso? Il pm in un primo momento aveva ordinato una perizia sulla caldaia dell’appartamento, ma questa aveva dato esito negativo.(…)
Il Resto del Carlino