Leggo le considerazioni di chi si stupisce del terribile calo demografico (anche peggiore di un inverno) che investe San Marino (ma non solo): «Crollo nascite di un altro 20%. Appello alle giovani coppie: “Aiutateci a capire come sostenere la natalità”»
Aiutino: E se cominciassimo a fare un «mea culpa»? e se provassimo a riflettere sull’aborto considerato come un diritto delle donne? O conquista di civiltà? E se prendessimo le distanze dalle parole stupidamente acide di Micromega, quando afferma: «Il papa ha lodato le omofobe “politiche effettive per la natalità e la famiglia” promosse dal governo ungherese di estrema destra guidato da Victor Orbán. Sarà interessante vedere cosa succederà in Italia, come reagirà la Chiesa Cattolica nel nostro paese, se e quando la destra nostrana promuoverà, c’è da scommetterci, politiche analoghe a quelle degli illiberali ungheresi»?
E se dessimo ragione alla Meloni quando afferma: «Grazie alle politiche sviluppate in questi anni dal governo, in Ungheria è stata invertita la tendenza negativa delle nascite che affliggeva la Nazione dagli inizi degli anni Ottanta. Oggi il tasso di natalità è aumentato, il numero di matrimoni è aumentato, il tasso di occupazione generale è aumentato e – cosa molto importante – è aumentato il tasso di occupazione femminile. Lo voglio sottolineare perché mi sono sempre opposta all’idea portata avanti da molti secondo la quale incentivare la natalità significherebbe disincentivare il lavoro femminile. Come se le due cose non fossero compatibili, come se le donne dovessero essere comunque condannate a sacrificare il lavoro o la maternità. E’ falso. Quello che ci dice l’esempio ungherese è esattamente il contrario: ci dice che sviluppando politiche orientate alla famiglia, sposando un approccio culturale family-friendly con politiche concrete a sostegno delle famiglie con bambini e della conciliazione famiglia-lavoro, in particolare per le mamme, si può restituire alle donne la libertà di poter mettere al mondo dei figli senza per questo rinunciare a una carriera e di poter avere una carriera senza per questo rinunciare a mettere al mondo dei figli. Perché è questa la vera libertà: poter scegliere, e poter avere una vita piena, perché i figli non sono un limite.»
Non posso che fare mie e proporre a tutti queste parole di Papa Francesco nel suo viaggio in Ungheria, soprattutto dopo essere stato in quel Paese e avere toccato con mano la verità di quelle affermazioni: «Penso dunque a un’Europa che non sia ostaggio delle parti, diventando preda di populismi autoreferenziali, ma che nemmeno si trasformi in una realtà fluida, se non gassosa, in una sorta di sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli. È questa la via nefasta delle “colonizzazioni ideologiche”, che eliminano le differenze, come nel caso della cosiddetta cultura gender, o antepongono alla realtà della vita concetti riduttivi di libertà, ad esempio vantando come conquista un insensato “diritto all’aborto”, che è sempre una tragica sconfitta. Che bello invece costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia – abbiamo Paesi in Europa con l’età media di 46-48 anni –, perseguite con attenzione in questo Paese, dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno.»
Una volta un proverbio suggeriva di «non piangere sul latte versato» o di «non versare lacrime di coccodrillo». Certo, se non si va alle cause reali, per sostenere una infame ideologia, non si potranno trovare soluzioni realiste al problema della denatalità. Su questo presupposto, guardare a chi ha risolto il problema diventa una risorsa praticabile.
P.S.: Ho appena appreso la notizia della uccisione della piccola Indi. E il grido di speranza di tanti, soffocato dalla prepotenza del potere ideologico: i padroni della vita hanno imposto la loro legge.
Chi non riconosce la vicinanza ideologica tra chi propone l’aborto come diritto e chi sostiene che il «best interest» dei piccoli come Alfie, Charlie, Isaiah e Indi sia la loro soppressione, addirittura imposta con lo schieramento dell’esercito?
don Gabriele Mangiarotti