L’appello di papa Francesco per la Pace: “Abolire armi nucleari”

papa-francescoCITTÀ DEL VATICANO – Per uscire dalla sofferenza di una guerra globale combattuta “a pezzi” Francesco propone la ricetta della non violenza “come stile di una politica di pace”. Nel giorno in cui telefona a Tawadros II, Patriarca della Chiesa Copto-Ortodossa d’Alessandria, per esprimere dolore e vicinanza dopo il recente attacco alla Cattedrale Copta di San Marco in Abassiya, Francesco pubblica il suo messaggio per la 50ª Giornata Mondiale della Pace che si celebrerà il prossimo 1 gennaio 2017.

Un messaggio – firmato dal Papa l’8 dicembre e reso noto oggi dalla sala stampa – che riporta in primo piano il tema della nonviolenza quale metodo politico. Dopo Ghandi, Martin Luther King e Madre Teresa, è il Papa argentino a ritornare su un ideale di vita possibile per tutti, una ricetta concreta per spegnere i focolai di guerra sparsi nel mondo.

“Che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri – spiega il Pontefice – nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali. Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta, le vittime della violenza possono essere i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme”.

Non è la prima volta che Francesco affronta questi temi. In quasi tutti i suoi documenti magisteriali ha parlato della pace, e delle migrazioni che ogni guerra provoca nel mondo. “Il secolo scorso – ricorda – è stato devastato da due guerre mondiali micidiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran numero di altri conflitti, mentre oggi purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi. Non è facile sapere se il mondo attualmente sia più o meno violento di quanto lo fosse ieri, né se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che caratterizza la nostra epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più assuefatti ad essa. In ogni caso, questa violenza che si esercita a pezzi, in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la devastazione dell’ambiente. A che scopo? La violenza permette di raggiungere obiettivi di valore duraturo? Tutto quello che ottiene non è forse di scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi ‘signori della guerra’? La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore dei casi, può portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti”.

Anche se per molti “la nonviolenza è intesa nel senso di resa, disimpegno e passività”, in realtà “non è così”, dice Bergoglio. E ancora: “Quando Madre Teresa ricevette il premio Nobel per la Pace nel 1979, dichiarò chiaramente il suo messaggio di nonviolenza attiva: “Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri”.

Per il Papa “se l’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli uomini, allora è fondamentale percorrere il sentiero della nonviolenza in primo luogo all’interno della famiglia. È una componente di quella gioia dell’amore che ho presentato nello scorso marzo nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, a conclusione di due anni di riflessione da parte della Chiesa sul matrimonio e la famiglia. La famiglia è l’indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono”.

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