Mario Draghi ed Emmanuel Macron stanno mettendo alla prova la cooperazione bilaterale tra Italia e Francia “battezzata” col Trattato del Quirinale nel contesto del Consiglio Europeo di Versailles, a cui il premier italiano è giunto dopo un lungo faccia a faccia con il capo di Stato francese.
Il tema caldo sono gli sconvolgimenti geopolitici causati in Europa dalla crisi ucraina. Le dinamiche concrete riguardano i prezzi dell’energia, la velata proposta di emettere Eurobond per le spese volte a calmierare le bollette dei Paesi europei e gli investimenti in Difesa e sicurezza, il futuro di Next Generation Eu dopo il combinato disposto tra pandemia e guerra. Una guerra che l’Unione Europea sta combattendo, per ora, solo sul fronte economico ma rischia di far danni.
Per Draghi l’Italia “è totalmente allineata” a Parigi nella richiesta di un ulterioe sforzo comune ai partner dell’Unione per sobbarcare i costi delle sanzioni alla Russia e del potenziamento della capacità di autonomia del Vecchio Continente. Non tutti la pensano così. Ogni Paese europeo è conscio del fatto che le sanzioni che l’Ue ha scelto di indirizzare contro Mosca causeranno delle conseguenze notevoli sulla crescita futura delle economie del Vecchio Continente, che dopo un finale di 2021 turbolento e incerto mostrano nuovamente segni di rallentamento. Draghi e Macron chiedono che l’Ue sobbarchi i costi dividendoli tra i vari Paesi, aprendo addirittura a un Recovery Fund bis pur di evitare stravolgimenti sistemici.
I “soliti noti”, però, non la pensano alla stessa maniera. Per il premier olandese Mark Rutte “il Recovery è stato una tantum, non si ripete”. Dello stesso avviso la collega svedese, Magdalena Andersson, tra gli autori in passato della strategia anti-spesa dei Paesi del Nord, che ha sottolineato con forza: “Sono stata ministra delle Finanze per sette anni. Alcuni Paesi trovano sempre nuovi argomenti per non pagare le proprie spese”.
Con i prezzi dell’energia ai massimi e una spesa in graduale sviluppo, in Italia destinata nel 2022 a toccare 51 miliardi di euro, per bollette e utenze in carico ai cittadini l’Unione Europea dovrà discutere su scelte politiche volte a centralizzare gli acquisti di gas, calmierare i mercati, fornire una nuova risposta anticiclica alla crisi. Ma subito emergeranno quelle tensioni già da tempo latenti nel Vecchio Continente, tra chi si è fatto artefice di un ritorno al passato e chi vuole politiche più ambiziose. In asse con Emmanuel Macron, da tempo tra questi ultimi Mario Draghi perora l’ipotesi di rendere permanenti e strutturali i fondi del Recovery, e la crisi geopolitica può dargli una sponda. A fine marzo dello scorso anno il premier ha esordito al Consiglio Europeo perorando la creazione di un titolo europeo comune capace di rendere permanente l’esperienza del Recovery Fund, simile all’idea di Eurobond di cui si discute in queste ore. In Ue al Consiglio va in scena dunque l’ennesima battaglia per il cuore e la mente dell’Europa. Divisa anche di fronte alla sfida della guerra più dura esplosa nel continente dal 1945 ad oggi.
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