Riceviamo e pubblichiamo
In questi giorni di clausura forzata c’è molto tempo per rimanere a ragionare con se stessi in attesa di vedere attraverso una video chiamata i propri figli, i nipoti, i familiari o gli amici per assicurarsi che stiano bene, che non siano stati raggiunti dal virus. E intanto passa un’altra giornata uguale identica a quella precedente.
Ma anche i miei ragionamenti mi rendo conto sono un po’ confusi è come se ci fosse qualcosa che mi sfugge e mi impedisce di dare un senso compito al mio pensare formulando a me steso una domanda e dandomi una risposta, come di solito mi accade.
E allora guardo con ammirazione coloro i quali sono in prima linea in questa emergenza sanitaria e che ogni giorno si recano al loro lavoro per aiutare gli altri, ma vedo anche che molte nazioni nel mondo, con tempistiche diverse, sono state raggiunte dal coronavirus ma compiono inesorabilmente tutte gli stessi errori di chi è stato colpito prima in ordine di tempo, senza trarre il ben che minimo insegnamento e non capisco perché.
Ascolto disarmato i bollettini quotidiani italiani e sammarinesi; ascolto le raccomandazioni ossessive diramate via tv, radio e social; ascolto i toni accorati usati nella comunicazione e, a volte, mi paiono fin minacciosi nell’ordinare limitazioni della libertà personale, che pure sono necessarie per l’emergenza in atto, ma rimangono comunque ai limiti del rispetto della nostra Carta dei Diritti.
Sento parlare di un dramma che non è solo nostro ma è divenuto mondiale; vedo l’ordine economico internazionale, che domina ormai il nostro pianeta, abbastanza inerme e arrendevole; sento che si stanno prodigando in molti per trovare l’antidoto al virus, il vaccino, ma sento dare ben poche informazioni su medicinali già utilizzati per l’artrite reumatoide, che alcuni medici di Napoli hanno già sperimentato, pare con buoni risultati, su alcuni pazienti colpiti dal virus in modo severo.
Sento resoconti pesanti che riguardano anche altri paesi, ma non sento dire quasi nulla sulle voci che circolano rispetto a ciò che succede in Giappone, paese di 120 milioni di abitanti, con la popolazione più longeva al mondo, colpito a gennaio/febbraio scorsi dal coronavirus, che avrebbe lasciato sul campo a tutt’oggi un centinaio di morti. Forse, mi dico, sarebbe bene parlarne apertamente per fugare ogni legittimo dubbio.
Sono convinto che il compito delle autorità sammarinesi sia molto difficile e complicato e che alcune delle decisioni assunte non siano di certo state prese a cuor leggero; oltretutto San Marino non può che operare in collaborazione con l’Italia e con le Province di Rimini e di Pesaro e Urbino che ci circondano geograficamente, però noto che alcuni segretari di stato sono molto esposti, mentre altri sono molto più defilati, e anche questo provoca in me, che di governi ho una certa esperienza, un senso di disorientamento in un momento come quello che stiamo vivendo.
C’è qualcosa che mi sfugge, mi sfugge in generale.
Così giungo alla conclusione del mio pensare che sovrappone e mescola argomenti, dubbi, convinzioni e perplessità, insomma, del mio pensare senza risposta certa. Intanto seguo le direttive emanate perché spero proprio che questo incubo finisca al più presto, ho voglia di riabbracciare il mio nipotino!
Augusto Casali