
Sinceramente a me pare che il sistema complessivo sammarinese viva un periodo di smarrimento, superficialità e, spesso, di improvvisazione. E non da ora; questo processo è iniziato parecchio tempo addietro, con l’indebolimento del tessuto partitico generale.
I punti di riferimento di un tempo si sono annebbiati, non sono più stati solidi come in passato e gli uomini che avrebbero dovuto essere per la loro autorevolezza esempi da seguire, come accadeva un tempo, sono divenuti merce rara, così rara che trovarne uno in qualche decennio passato è quasi impossibile.
A mio avviso l’incrinatura decisiva per il sistema sammarinese, che poggiava per la sua piccolezza e per la mancanza di risorse naturali su equilibri delicati, consolidatisi nel tempo grazie alla gestione dei rapporti, anche di amicizia, prima di tutto con l’Italia, attraverso una accorta azione svolta in politica estera, è avvenuta in un preciso momento storico del nostro Paese.
Quando i partiti, e mi riferisco proprio a tutti i partiti di allora, hanno perso la gestione del voto estero delegandolo a uomini che avrebbero dovuto essere di fiducia. L’uomo è fallace, lo sappiamo, e le cose non sono andate come qualcuno evidentemente pensava: Il voto estero è servito per alimentare le cordate e per tutelare spesso interessi particolari.
Ma l’utilizzo del voto estero, anche se non ha influito sulla nascita dei governi di coalizione sorti in quei periodi, ha pesantemente influito sulla composizione dei gruppi all’interno del Consiglio Grande e Generale e non solo; infatti, l’effetto ottenuto era devastante anche rispetto agli organismi di partito, la cui composizione veniva inevitabilmente condizionata di congresso in congresso. In questo modo la democrazia interna ai partiti, fatta di filtri e di garanzie, è divenuta un semplice paravento; i dibattiti e i confronti sono divenuti puramente accademici in quanto le decisioni sono, di solito, già prese nelle conventicole e i congressi di partito si concludono, il più delle volte, inevitabilmente all’unanimità. Per qualcuno è stato senza dubbio il coronamento di un percorso, poiché ha rafforzato le proprie posizioni interne al partito, ma per la politica in generale è stato l’inizio della perdita del proprio primato.
Nel rapporto con l’Italia il vero problema dall’attività sammarinese, con alti e bassi, sono sempre stati i limiti, anche se non codificati, da non superare per non produrre eventuali turbative. Qualche forzatura in questo senso c’è sempre stata, ma veniva frenata e rimessa in careggiata rapidamente.
I problemi veri sono iniziati quando il sistema partitico si è indebolito molto grazie agli effetti citati dell’uso del voto estero; attraverso il sistema societario l’argine del controllo è saltato, qualche complicità, diretta o indiretta, sicuramente c’è stata, il connubio politica/affari si è rafforzato e il bene comune è stato sacrificato.
Poi è arrivata la globalizzazione, quindi l’euro, poi a San Marino le vicende giudiziarie, il nuovismo a tutti i costi, il debito pubblico ed infine il pensiero unico. E siamo arrivati ai giorni nostri.
Sinceramente non mi pare le cose siano molto migliorate. La politica, che dovrebbe prendersi cura della Polis, ovvero della comunità sammarinese, ha perso il suo primato a favore di altre entità non difficili da individuare; il connubio politica/affari, come ci dimostrano le vicende giudiziarie in corso, ha prodotto danni e probabilmente non è per nulla debellato, in quanto si rigenera, magari con nuovi protagonisti; il “nuovismo”, furbescamente inserito nei vuoti lasciati dalla politica debole, mi pare, visti alcuni suoi protagonisti all’opera, faccia quasi rimpiangere il recente passato e soprattutto si è comodamente collocato nella fascia grigia del “politicamente corretto” che sta annullando le differenze tra forze politiche e riducendo di conseguenza il confronto per fare spazio al pensiero unico; la globalizzazione ci consegna un mondo dove i ricchi sono sempre più ricchi, l’euro ha prodotto un evidente calo del potere di acquisto da parte delle famiglie in rapporto al costo della vita, anche se tutto questo viene definito progresso.
E allora, direte? Allora penso che di fronte a 1723 anni di storia, secondo quanto ci dice la leggenda che riguarda San Marino, questo periodo sia solo una parentesi che non deve incidere rispetto ad una lunga storia, alla quale nulla potrà essere tolto del suo passato e spero che l’attuale maggioranza, appena fresca di elezioni, si renda conto dello stato delle cose esistente oggi e possa intervenire e lavorare con impegno per recuperare il senso più nobile del fare politica e garantire al nostro Paese il futuro che merita, tenendo bene a mente che gli uomini passano e la Repubblica di San Marino continuerà ad esistere.
Augusto Casali