
Visto il flop del Governo che poggiava sull’asse DC/Rete; vista la disastrosa fine del “governicchio” voluto dalla DC “per tirare a campà”; visti i meno che modesti risultati ottenuti nel corso della legislatura, sulle elezioni politiche generali del 9 Giugno prossimo vengono riposte molte aspettative.
Credo che la cittadinanza si aspetti un po’ di aria nuova in diversi campi, ma in particolare credo i cittadini se lo aspettino nella sanità sammarinese. Abbiamo provato l’era Ciavatta, nel periodo di grande collaborazione con i vertici DC, che ci hanno regalato prima la Bruschi e poi Bevere, quali Direttori Generali, assolutamente incapaci di risolvere anche il ben che minimo problema rispetto alle esigenze della popolazione. Cambia, cambia, ma non cambia niente, all’infuori delle parole.
Tutti i problemi reali e pregnanti, rimangono in campo: le code in ambulatori, centri sanitari e farmacie; i tempi di prestazioni specialistiche dilatati; la burocrazia soffocante, soprattutto per coloro i quali sono particolarmente vulnerabili; la fuga di medici dalla nostra sanità pubblica; la sotterranea azione tesa a soppiantare la sanità pubblica per fare posto alla sanità privata, anziché far sì che quest’ultima, attraverso apposite convenzioni, sia di supporto alla sanità pubblica che, nei confronti dei cittadini, deve rimanere l’unica interlocutrice.
Abbiamo avuto ed abbiamo, al vertice della sanità sammarinese, un esponente della sanità calabrese, così ben rappresentato dal giornalista Giletti nella trasmissione della 7, emittente nazionale italiana; egli è stato trattato e riverito da numero uno, trattamenti, prebende e benefit di ogni tipo; frotte di consulenti al suo seguito; clima di paura instaurato tra gli operatori della sanità, del tipo o sei con me o contro di me! Insomma, un metodo tipico della sanità “calabrerse”, A buon intenditore poche parole.
Ormai i fatti sono chiari ed è certo che la sanità sammarinese, una delle più grandi conquiste del nostro popolo, potrà salvarsi solo se provvederemo a procedere ad una riorganizzazione della nostra sanità imperniata sulle reali esigenze di una popolazione di 34.000 persone; I posti apicali della sanità dovranno essere riservati a figure idonee sammarinesi, che nel nostro Paese vivono e vivranno anche in futuro e che a San Marino hanno dimostrato vero attaccamento; la politica, sottoforma di Comitato Esecutivo, deve allontanarsi dalla gestione della sanità, ognuno svolga il proprio compito senza invadere il terreno altrui; si abbia il coraggio di uscire dalla ipocrisia corrente ormai da troppo tempo e si riconosca la funzione del tutto particolare del medico nella moderna società. Quindi si rivedano i trattamenti salariali, le prestazioni pensionistiche e la possibilità di esercitare la libera professione, esercizio riservato ovviamente a coloro i quali professionalmente si dimostrano al di sopra della media.
Occorre poi bonificare la sanità dalla ingerenza politica. Personalmente non ho ancora capito a che cosa serva il Comitato Esecutivo, organismo prettamente politico, se non per fare politica e per appesantire burocraticamente l’intero sistema.
Inoltre, si torni a responsabilizzare i Direttori di Unità Operative. O meglio ancora, coloro i quali venivano chiamati i “primari”, i quali, meglio di ogni altro, sanno organizzare l’attività giornaliera delle varie specializzazioni, essendo sempre in prima linea, in contatto con la realtà e con i vari pazienti.
Il valore universale del sistema di sanità e sicurezza sociale, creato nel lontano 1955, deve essere difeso e potenziato, respingendo gli attacchi sotterranei dei soliti gruppi di potere economico e politico, tesi a soppiantare la sanità pubblica a favore di quella privata. La sanità privata va invece concepita quale supporto alla sanità pubblica, ampliando, attraverso apposite convenzioni, l’offerta pubblica, in cui lo Stato, di fronte al cittadino, deve rimanere l’unico interlocutore.
Mi auguro davvero che la prossima tornata elettorale possa portare una ventata di rinnovamento nella sanità, anche se, alle volte, rinnovare significa ritornare indietro e rivedere le scelte adottate che non funzionano rispetto a quando le cose andavano un po’ meglio, magari modernizzandole rispetto al presente.
Insomma, forse, lo si deve ammettere: si stava meglio quando si stava peggio!
Augusto Casali