
Il 12 luglio scorso, quasi all’unanimità, a conclusione del dibattito sull’Accordo di Associazione all’U.E., il Consiglio Grande e Generale ha approvato un Ordine del Giorno abbastanza generico, e a conferma che dell’accordo ben poco i Consiglieri sapevano, è stato richiesto di “proporre modalità specifiche per un confronto istituzionale permanente sia nell’ambito della Commissione Affari Esteri che in altre forme, al fine di coordinare l’azione negoziale dell’Esecutivo con il Consiglio Grande e Generale.”
In tale circostanza, quindi non è minimamente stato trattato il tema costi-benefici dell’eventuale accordo, ovvero dei benefici si è detto ben poco ma dei costi qualcosa è si è capito. Infatti, il Segretario di Stato per gli Affari Esteri con le sue dichiarazioni ha ammesso che “non è possibile stabilire quante imprese arriveranno a San Marino, quanti lavoratori, quante residenze”. E poi ha aggiunto che “si parla del Memorandum di Banca d’Italia, quando sappiamo che deve passare per l’Europa.”
Poi è giunta come un fulmine a ciel sereno una lettera di tre enti regolatori della Commissione Europea che poneva dubbi sull’integrazione finanziaria e bancaria dei piccoli stati interessati al negoziato per l’Accordo di associazione. Le opposizioni hanno chiesto la riunione d’urgenza della Commissione Esteri e nel frattempo la Commissione Europea ha confermato gli intenti di proseguire sul negoziato. Intanto il Principe Alberto di Monaco, altro micro stato impegnato nel negoziato con San Marino e Andorra, proprio in questi giorni ha affermato: “Sarà un processo lungo per arrivare all’Accordo di associazione all’U.E.”
La Commissione Esteri è stata convocata come richiesto, unitamente a quella delle Finanze e ne è scaturito l’ennesimo Ordine del Giorno unanime, più o meno dello stesso tenore di quello approvato in Luglio, in cui viene ribadita la necessità che il Governo presenti alle due Commissioni Consiliari interessate “la linea negoziale relativa all’integrazione del sistema finanziario sammarinese ed europeo cui si intende attendere (che quindi a circa tre mesi dalla ipotetica firma degli accordi ancora non si conosce), con l’obiettivo di condividerla tra le rappresentanze consiliari…” E arriviamo all’ultimo episodio della saga europea in ordine di tempo: la visita ufficiale della Senatrice Stefania Craxi, Presidente della Commissione Esteri del Senato Italiano, la quale senza esitazione ha affermato ai suoi interlocutori: “Avrete bisogno assolutamente di Banca d’Italia e del Mef, per concretizzare l’Accordo U.E.”
Ecco, la confusione è notevole, mi pare. E io credo che una trattativa preliminare con l’Italia sia inevitabile, vista la collocazione geografica di San Marino e, ascoltando anche alcune dichiarazioni, si rafforza in me il dubbio che qualcuno nel nostro Paese probabilmente pensa che trattando con l’U.E. si possa scavalcare l’Italia.
La nuova maggioranza si è posta l’obiettivo di chiudere la partita entro l’anno, così da poter dire alle prossime elezioni che qualcosa è stato fatto, anche se a tutt’oggi non solo i sammarinesi ben poco sanno, ma, visti gli ordini del giorno approvati, pare che neppure i Consiglieri sappiano con esattezza come stiano le cose e vogliano giustamente essere correttamente informati.
Torno a ripetere che la via più logica e probabilmente propizia per San Marino, sarebbe quella di intavolare una seria trattativa di verifica e aggiornamento delle convenzioni e trattati in essere con l’Italia, al fine di recuperare fiducia reciproca e di modernizzare il rapporto tra i due Paesi. Dopodichè, l’associazione all’U.E., diverrebbe il successivo, naturale, conseguente e sicuramente più agevole per San Marino, passo da compiere.