Le cause dell’Alzheimer? Dipende da te e da quello che mangi

L’Alzheimer è la più comune forma di demenza.

Si tratta di una malattia degenerativa del cervello caratterizzata da un decadimento progressivo delle funzioni cognitive e della memoria, che comporta una difficoltà crescente a svolgere le comuni attività quotidiane, fino alla perdita completa dell’autonomia personale.

Le cause dell’Alzheimer, fino a qualche tempo fa, erano del tutto sconosciute e negli anni si sono fatte diverse ipotesi. Si è parlato di malattia autoimmune, di cause di natura virale, o tossica e in fine, di patologia ereditaria.

Ad avvalorare quest’ultima tesi ci sarebbe la tendenza della malattia a presentarsi più facilmente in persone appartenenti alla stessa famiglia e la sua associazione con specifiche varianti genetiche (dei cromosomi 14, 19 e 21).

Ciò fa pensare a un destino crudele a cui, purtroppo, alcuni di noi sono destinati con l’avanzare dell’età.

Per fortuna le cose non stanno proprio così!

Come scoprirai continuando la lettura, la sorte del tuo cervello non è soltanto una questione di geni. Dipende da te, dal tuo stile di vita e in particolar modo dalla tua alimentazione!

Ecco cosa troverai in questo articolo:

  1. Che rapporto c’è tra Alzheimer e alimentazione?
  2. Glutine: una minaccia per il tuo cervello
  3. Alzheimer, un nuovo tipo di diabete
  4. Consigli pratici per ridurre il rischio di sviluppare Alzheimer e demenza

1 – Che rapporto c’è tra Alzheimer e alimentazione?

david perlmutter

dott. David Perlmutter

Che ci sia un legame tra alimentazione e Alzheimer ne è fermamente convinto il dott. David Perlmutter.

Il Dott. Perlmutter è un noto medico e neurologo americano, membro dell’American College Nutrition e autore di diversi articoli su note riviste scientifiche, quali il Journal of Neurosurgery e il Journal of the American Medical Association.

Ha dedicato tutta la sua vita allo studio e alla ricerca del rapporto tra alimentazione e cervello.

In una sua opera, che ha fatto molto scalpore negli USA (e di recente anche in Italia),  afferma senza mezzi termini che la causa di moltissime patologie del cervello, inclusa l’Alzheimer, sarebbe da associare a un consumo pressoché quotidiano di alimenti ricchi di glutine, zuccheri e carboidrati.

Non a caso il libro si intitola “La dieta intelligente: Perché grano, carboidrati e zuccheri minacciano il nostro cervello“.

Ora potresti essere tentato a pensare che si tratta solo di teorie campate per aria.

Eppure negli anni il dott. Perlmutter ha potuto sperimentare sui suoi pazienti come, una semplice rettifica della dieta, fosse più che sufficiente a migliorare, se non ad azzerare tutti i loro disturbi.

Nel libro il dottore parla di casi di mal di testa cronico, ansia, insonnia, depressione, epilessia, schizzofrenia, deficit dell’attenzione, vuoti di memoria, disturbi dell’umore, disturbi ossessivo-compulsivo, tremori, distonia, iperattivitá dei bambini, sindrome di Tourette, e tanti altri ancora… tutti risolti in modo naturale, tramite una buona alimentazione, senza glutine, povera di carboidrati e ricca invece di grassi (vegetali e animali), proteine e verdure.

Il tipo di alimentazione suggerita dal dott. Perlmutter è descritta nei dettagli nel suo libro.

Inoltre le sue teorie sono avvalorate da numerosi studi scientifici, che dimostrano come l’Alzheimer sia in stretto rapporto con ciò che mangiamo.

Da quanto emerge da questi studi, la maggior parte delle malattie neurodegenerative, sarebbero da associare a:

  • Un’infinammazione dei centri nervosi, dovuta al consumo quotidiano di glutine(proteina contenuta in molti cereali, come il frumento, il farro, l’orzo, il kamut, la segale e l’avena);
  • Una dieta troppo sbilanciata sul consumo di cibi ad alto indice glicemico, ovvero ricchi di carboidrati (cereali, patate, dolci, ecc.), che nel tempo provocano insulinoresistenza.

Entriamo ora nel dettaglio per capirci qualcosina in più.

2 – Il glutine: una minaccia per il tuo cervello

glutine infiammazione cervello

Secondo il dott. Perlmutter il glutine rappresenta una seria minaccia per la salute del cervello, perché ha la peculiarità di riuscire ad infiammarlo, provocando nel tempo diversi disturbi.

Ed è un problema che purtroppo non riguarda solo chi è celiaco, ma anche tutti coloro che sono “sensibili al glutine“, cosa di cui soffre la stragrande maggioranza delle persone, pur essendone completamente all’oscuro.

La sensibilità al glutine, a differenza della celiachia, non è diagnosticabile con i normali esami, ma è possibile rilevarla esclusivamente attraverso l’eliminazione dei cibi che contengono glutine, verificando se nel giro di qualche settimana ci sono dei miglioramenti, cioè la sparizione dei sintomi di malessere.

La sensibilità al glutine, così come la celiachia, è un problema molto diffuso in tutto l’Occidente, soprattutto dopo la modifica genetica del grano avvenuta negli anni ’70, senza tener minimamente conto delle possibili conseguenze sulla salute della collettività. Per approfondire ti invio alla lettura di questo articolo.

Questi sintomi sono associati a uno stato di infiammazione e non sempre sono di natura gastrointestinale, ma possono riguardare anche altri organi e distretti del corpo, come appunto il cervello.

Come fa il glutine ad infiammare il cervello?

Il nome glutine viene dal latino ‘Glutene’, che significa colla. Ha infatti la caratteristica di essere particolarmente collosa.

E’ per questo motivo che gli impasti di frumento, come la pizza e il pane, rimangono così uniti e compatti. Un vantaggio per la panificazione, ma non certamente per la nostra salute.

danni al cervello demenza
Per la sua caratteristica “collosa” il glutine riesce ad appiccicarsi all’intestino, interferendo con la scomposizione e il corretto assorbimento dei nutrienti e provocando un’infiammazione a livello intestinale, che può in seguito sfociare in un’infiammazione in altri organi, compreso il cervello. In quest’ultimo caso di parla di neuroinfiammazione.

Questi sono in sostanza i passaggi che provocano l’infiammazione a livello cerebrale:

  1. Nei soggetti sensibili al glutine, il consumo di cereali che lo contengono scatena disbiosi (alterazione della flora batterica) e infiammazione dell’intestino e aumenta la permeabilità intestinale.
  2. L’aumento della permeabilità intestinale consente ai lipopolisaccaridi (LPS) prodotti dai batteri intestinali di superare la barriera intestinale e entrare nel flusso sanguigno. Questi lipopolisaccaridi inducono il sistema immunitario a liberare citochine pro-infiammatorie.
  3. I lipopolisaccaridi e le citochine proinfiammatorie circolanti determinano un accumulo di tossine a livello sanguigno, che a loro volta suscitano infiammazione sistemica.
  4. Quando l’infiammazione sistemica raggiunge il cervello, dà origine a neuroinfiammazione.

In un primo momento l’infiammazione dei centri nervosi potrebbe manifestarsi sotto forma di sintomi come il mal di testa, o uno stato d’ansia incomprensibile. Ma dato che il cervello non possiede recettori del dolore può anche succedere che non si verifichi alcun sintomo evidente.

Con il passare del tempo questo processo infiammatorio potrebbe però sfociare in patologie assai più serie, come la depressione, o malattie neurodegenerative tipo la demenza e l’Alzheimer.

Ci sono già numerosi studi che dimostrano come la neuroinfiammazione, dovuta alla sensibilità al glutine, è associata a molte disfunzioni che si manifestano a livello cerebrale.

In particolare:

  • Demenza, Alzheimer e morbo di Parkinson [12]
  • Depressione e ansia [3]
  • Disordini bipolari [45]
  • Schizofrenia [6]
  • Disturbo evolutivo dell’autocontrollo (ADHD) [7]

Per questo motivo uno dei fondamentali della dieta del dott. Perlmutter è l’eliminazione totale del glutine, anche per chi non è celiaco.

Di fatto in questo blog abbiamo già riportato alcune testimonianze di persone che soffrivano di stati d’ansia, attacchi di panico e perfino depressione, che sono riusciti a guarire modificando la propria alimentazione.

Li trovi qui:

3 – Alzheimer, un nuovo tipo di diabete

diabete alzheimer

Cosa centra l’Alzheimer con il diabete?

Molto, anzi moltissimo.

Da numerosi studi è emerso come l’Alzheimer sia associato a uno stato di insulino-resistenza, caratteristica tipica del diabete di tipo 2.

La somiglianza tra le due malattie è tale, che alcuni ricercatori l’hanno rinomiato “Diabete di tipo 3” [8].

Gli studi che descrivono l’Alzheimer come un terzo tipo di diabete iniziano già ad emergere nel 2005, quando gli studiosi scoprono che anche il cervello produce una sua insulina, necessaria per la sopravvivenza delle cellule cerebrali.

Il collegamento con la dieta

Oggi sappiamo che il diabete, specie quello di tipo 2, è una diretta conseguenza di un errato stile di vita e soprattutto di un’alimentazione inadeguata, troppo sbilanciata sul consumo di dolci e cibi raffinati ad alto indice glicemico.

A una dieta ricca di carboidrati, corrisponde un innalzamento di glucosio nel sangue, al quale il pancreas risponde producendo un ormone, ovvero l’insulina, che ha il compito di trasportare il glucosio dal circolo ematico alle cellule, affinché queste lo usino per le loro esigenze energetiche. Questo è anche il meccanismo che fa abbassare rapidamente la glicemia.

Le cellule di una persona sana hanno un’elevata sensibilità all’insulina, grazie ad un alto numero di ricettori. Questo fa si che l’insulina riesca a portare a termine il suo lavoro velocemente e senza problemi.

Ma cosa succede se le cellule vengono “bombardate” constantemente dall’insulina, a causa del consumo frequente di zuccheri e carboidrati?

Succede che le cellule si desensibilizzano, ovvero essendo già sazie di glucosio, diminuiscono il numero di ricettori all’insulina, sviluppando quella condizione comunemente nota come insulino-resistenza, condizione che porta a ignorare l’insulina e a non recuperare glucosio dal sangue.

Il pancreas reagisce a sua volta producendo ancora più insulina e a loro volta le cellule diminuiranno ulteriormente i recettori, accentuando il principio dell’insulinoresistenza.

Un circolo vizioso che nel tempo può degenerare fino a provocare, in alcuni soggetti, il diabete di tipo 2.

Oggi, grazie a studi più recenti [10], sappiamo che l’insulino-resistenza non soltanto è causa di diabete, ma può provocare anche malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer e la demenza.

In definitiva sarebbe proprio la condizione di l’insulino-resistenza delle cellule cerebrali a provocare la formazione delle placche amiloidi presenti nei cervelli delle persone affette da morbo di Alzheimer.

Tutto ciò non significa che chi ha il diabete sicuramente svilupperà anche l’Alzheimer, o viceversa, ma che il principio di sviluppo delle due malattie è il medesimo.

E se non sei convinto…

Ecco alcuni studi che dimostrano ancora una volta quanto sia stretto il legame tra glicemia elevata e Alzheimer:

  1. Alti livelli di glicemia (anche se nella norma) sono associati a un maggior rischio di atrofia cerebrale.
    I ricercatori dell’Università nazionale australiana di Canberra, hanno pubblicato su “Neurology”, la rivista medica dell’American Academy of Neurology, uno studio che mostra come i soggetti con valori glicemici nella fascia alta dei valori ritenuti normali (glicemia tra i 60 i 110 mg/dl) sono molto più a rischio di atrofia cerebrale. [11]
  2. Cibi ad alto indice glicemico possono danneggiare il cervello
    Un’altro studio pubblicato su “Neuroscence” dimostra come il consumo di cibi ad alto indice glicemico, sia capace di danneggiare il cervello, riducendo la memoria e le funzioni cognitive. [12]
  3. I diabetici hanno un maggior rischio di sviluppare l’Alzheimer
    Un nuovo studio condotto da ricercatori della Albany University di New York, mostra che il morbo di Alzheimer potrebbe essere la fase finale del diabete di tipo 2. In questo studio si dimostra che il 70% delle persone che hanno il diabete tipo 2 sviluppano nel corso degli anni l’Alzheimer. [13]
  4. Associazione tra insulinoresistenza e l’assorbimento del glucosio a livello cerebrale in adulti con età media a rischio di Alzheimer.
    In un altro studio recente, 7 ricercatori hanno utilizzato le scansioni cerebrali per osservare 150 persone di mezza età che erano a rischio di Alzheimer, ma non mostravano segni di esso, in via preliminare dello studio. Le scansioni del cervello hanno rivelato che una maggiore resistenza all’insulina è stata collegata a meno zucchero in parti chiave del cervello, spesso affette dal morbo di Alzheimer. [14]

4 – Consigli pratici per ridurre il rischio di Alzheimer e demenza

prevenzione alzheimer
La dieta dei gruppi sanguigni del dottor Mozzi ha molti punti in comune con quella del dr. Perlmutter e se già la segui alla lettera, o quasi, possiamo dire che il tuo cervello è in una “botte di ferro”.

La dieta del dott. Mozzi prevede infatti:

  1. L’eliminazione del glutine (frumento, farro, kamut, orzo, avena e segale);
  2. L’eliminazione dei latticini (in quanto la caseina, contenuta nel latte, ha un’azione infiammatoria sull’intestino molto simile a quella del glutine);
  3. Una dieta povera di carboidrati (dolci, cereali e frutta) e ricca invece di verdure, legumi, pesce, carne, uova e semi oleosi (quindi proteine, grassi e fibre). Questa è una regola molto importante soprattutto per chi soffre di malattie infiammatorie croniche e per chi ha raggiunto l’età della menopausa e dell’andropausa (all’incirca dopo i 50 per la donna e dopo i 55 anni per l’uomo).

Semplificando molto possiamo dire che queste sono le tre regole basilari per iniziare a seguire la dottor Piero Mozzi, medico che dell’alimentazione ha fatto la principale se non unica arma sia di cura, che di prevenzione per molte malattie.

Detto questo la dieta andrebbe personalizzata sempre in base alle proprie esigenze e alle proprie caratteristiche genetiche.

Il gruppo sanguigno costituisce uno dei fattori chiave per personalizzare la dieta.

Per maggiori approfondimenti ti consiglio l’acquisto del libro intitolato “La dieta del dottor Mozzi“. In questa pagina trovi una recensione e il link per l’acquisto.

Come tenere bassa la glicemia

Come avrai capito, uno dei fattori chiave per ridurre il rischio di sviluppare l’Alzheimer, è tenere bassa la glicemia.

Per fare questo è innanzitutto necessario sapere quali sono i cibi ad alto indice glicemico, cercando di evitarli il più possibile, specialmente a cena, momento in cui il metabolismo è più lento e il corpo non ha assolutamente bisogno di introdurre glucosio.

Questo perché con il calare della notte il nostro organismo si prepara al riposo, momento in cui non è certo necessario fare il pieno di energie, cioè di glucosio.

A tal proposito il dott. Mozzi consiglia a cena di mangiare solo verdure e cibi proteici, come la carne, o il pesce, o le uova.

Questi sono i cibi ad alto indice glicemico:

Alimenti con IG alto IG
Sciroppo di mais 115
Glucosio, sciropo di glucosio, sciroppo di riso e di frumento. 100
Patate fritte, patate al forno, fecola di patate, maltodestrine. 95
Farina di riso (non integrale). 90
Cornflakes, tapioca, latte di riso, riso soffiato, amido di mais, popcorn, pane in cassetta, panini per hamburger, pastinaca, riso soffiato, gallette di riso. 85
Purè di patate 75
Datteri, miglio, polenta, riso non integrale, patate bollite senza buccia, cereali zuccherati da colazione, farina di grano bianca, zucchero bianco, zucchero di canna integrale, bibite zuccherate, banane verdi, tacos, melassa. 70
Sciroppo d’acero, mais, patate cotte con la buccia, spaghetti di riso, cuscus, panela, marmellata, farro, barbabietola cotta, frutti canditi, uva passa, uvetta, tamarindo, sorbetto, pane integrale, muesli. 65
Miele, farina di grano integrale, pasta di grano non integrale, castagne, banane mature, gelato alla crema (con zucchero), maionese (industriale con zucchero), orzo perlato, ovomaltina, pane al latte, pizza, pappa di avena. 60
Succhi di frutta industriali, bulgur (frumento), ketchup, mango, manioca, nespola, nutella, papaya, pesca, riso rosso, senape zuccherato, succo d’uva senza zucchero. 55

I consigli pratici che dovresti seguire per tenere bassa la glicemia sono questi:

  • Evita i cibi industriali e le farine raffinate;
  • Cerca di ridurre il consumo dei carboidrati (cereali, dolci, frutta, miele, patate, ecc.);
  • Evita di mangiare caroidrati a cena;
  • Aumenta il consumo di cibi proteici (uova, pesce, carne, legumi e semi oleosi);
  • Aumenta il consumo di verdure, possibilmente di stagione e biologiche.
  • Fai un buon uso delle spezie, molte di loro hanno proprietà ipoglicemizzanti.

Fonte: http://dietagrupposanguigno.it/