San Marino. Le nostre culle sono vuote. Ora dobbiamo scegliere tra la paura e il futuro: “Residenze per lo Sviluppo” la più efficace soluzione? … di Marino D’Arbe

Cari sammarinesi,

da qualche tempo, senza troppa risonanza, nei discorsi dei politici e sui giornali, si parla di una nuova, difficile idea: le “Residenze per lo Sviluppo”. È una proposta nata per affrontare il problema più grave che abbiamo oggi, anche se è il più silenzioso: il fatto che a San Marino non nascono quasi più bambini. Questa idea spaventa molti, lo capisco. Ma, come comunità, abbiamo il dovere di guardare in faccia la realtà, per quanto scomoda e inquietante possa essere. E la realtà è che non possiamo più permetterci di rimandare le scelte difficili.

Partiamo dai fatti, dai numeri, che lasciano ben poco spazio alle interpretazioni. Lo scorso anno, nel 2024, sono nati solo 171 bambini. Non erano mai stati così pochi. Nello stesso periodo, sono morte 322 persone. Questo significa che la nostra comunità si è ridotta di 151 persone in un solo anno. Non è un caso isolato, è una tendenza che va avanti da tempo. Solo dieci anni fa, le nascite erano quasi il doppio. Se questa situazione non cambia, dobbiamo chiederci: chi pagherà, fra qualche decennio, le pensioni dei nostri anziani? Chi lavorerà nelle nostre aziende e si prenderà cura di noi? Una comunità che non si rinnova è destinata a un lento declino.

Certo, fino ad ora, la politica ha provato a fare qualcosa. Sono state approvate leggi per aiutare le famiglie, sono stati previsti dei benefit per chi fa un figlio. Erano gesti mossi da buone intenzioni, ma oggi dobbiamo ammettere che non sono bastati. Non hanno funzionato perché non hanno risolto i problemi veri che bloccano i nostri giovani. Il problema principale è che oggi, per una giovane coppia, è diventato quasi impossibile acquistare una casa a San Marino, o viverci pagando un affitto sostenibile. E se manca la stabilità di una casa, come si può costruire una famiglia?

È proprio da questa situazione che nasce la proposta delle “Residenze per lo Sviluppo”. Non è un’idea improvvisata. Arriva dalle nostre stesse imprese, che da anni faticano a trovare le figure necessarie per andare avanti: ingegneri, tecnici, medici. La proposta è chiara: non si tratta di aprire le porte a chiunque, ma di farlo in modo controllato e intelligente. Si tratterebbe di permettere a un numero limitato di persone qualificate – professionisti, imprenditori con le loro famiglie – di venire a vivere e lavorare qui, portando le loro competenze e contribuendo alla nostra economia e alla nostra società.

Capisco perfettamente la paura che questa idea suscita. Molti temono che, facendo entrare persone da fuori, la nostra identità sammarinese possa perdersi, che potremmo sentirci stranieri in casa nostra. È una paura legittima, perché nasce dall’amore per questo Paese. Ma le “Residenze per lo sviluppo”, non sono destinate a profughi o disperati…

Oggi, dobbiamo anche chiederci: quale identità stiamo proteggendo se diventiamo una Repubblica senza più giovani, senza più nascite? Rischiamo di diventare solo i custodi di un ricordo, non una comunità viva. Nella mia lunga memoria, ho imparato che un popolo forte non è quello che si chiude, ma quello che sa integrare nuove energie, con attenzione, selezionandole con saggezza, mantenendo salda la propria cultura.

Il mondo intorno a noi cambia e, noi, dobbiamo essere in grado di adattarci per sopravvivere, senza snaturarci. L’idea di selezionare chi far entrare, stabilendo regole precise e privilegiando la qualità, non è una resa. È un tentativo di governare un problema enorme con realismo, invece di continuare a subirlo.

Per questo, vi invito a una riflessione seria, che vada oltre la paura del momento. La vera scelta che abbiamo di fronte non è tra “aprire” e “chiudere”. È tra accettare un declino lento ma sicuro, oppure tentare una strada nuova e controllata per dare un futuro alla nostra Repubblica.

La decisione finale spetta a tutta la comunità, attraverso chi la rappresenta. Ma ricordiamoci che le sfide più grandi si superano non ignorandole, ma affrontandole con coraggio e lucidità.

Marino d’Arbe