Consiglieri francesi tra le forze di Haftar, intelligence, voli Bengasi-Parigi, manovre politiche. Macro non può mentire.
La Francia continua a dire di non avere un’agenda segreta per la Libia: ma forse il motivo è che non c’è più nulla di segreto. Tutto fa intendere (ed era chiaro da tempo) che Parigi sia fortemente coinvolta nell’avanzata di Khalifa Haftar. E ormai sono troppi gli indizi che comprovano la mano di Emmanuel Macron dietro le mosse del generale della Cirenaica, che non poteva avviare un’avanzata del genere senza il sostegno delle potenze internazionali coinvolte nel caos libico.
La Francia, in questo senso, non ha mai fatto nulla per nascondere il suo coinvolgimento. A parte delle dichiarazioni di facciata in cui approvava il piano delle Nazioni Unite e in cui ha sostenuto da sempre una sorta di soluzione pacifica e condivisa dalle diverse fazioni, in realtà la Francia, già solo invitando per la prima volta Haftar all’Eliseo, diede un’indicazione chiara: nella transizione libica doveva esserci spazio anche per il comandante dell’Esercito nazionale. L’uomo che da est vuole prendere il controllo della Libia e adesso marcia su Tripoli.
Le prove, come detto, non mancano. In concomitanza con l’avanzata su Tripoli, gli emissari del generale Haftar hanno preso un aereo da Bengasi a Parigi, lo stesso Falcon che poi è stato avvistato a Ciampino, per incontrare alti funzionari del governo francese. Un altro aereo è partito invece dall’aeroporto di Lione direzione Libia, con uno strano sorvolo continuato dei cieli della costa orientale del Paese. Una mossa che è arrivata qualche giorno prima di un’altra missione degli emissari dell’Enl, quella di Roma, confermata dallo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Ieri, il premier ha confermato di aver incontrato uomini di Haftar: ma il fatto che questo vertice sia giunto dopo almeno quattro giorni rispetto a quello avvenuto in territorio francese, dimostra in maniera abbastanza netta la scala gerarchica nelle scelte di Bengasi. Il Giornale.it