Lega e Fi unite al governo. Una cabina di regia per collegare i 6 ministri

Non il gruppo unico. Ma due partiti che si muovono, almeno a livello alto, come fossero una sola formazione. Quindi una sorta di cabina di regia dei sei ministri – tre della Lega e altrettanti di Forza Italia – che compongono il motore del centrodestra di governo. E scelte strategiche comuni dei capigruppo di Camera e Senato che oggi hanno fra di loro ottimi rapporti ma procedono inevitabilmente in ordine sparso.

È la strada segnata dalla due giorni di Villa Certosa e dall’incontro fra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Il sogno del partito unico resta sullo sfondo ma non scompare dall’orizzonte; intanto, si va avanti un passo alla volta, varando qualcosa che assomigli alla Federazione e provando a mettere i contenuti davanti alle beghe, ai sospetti, alle gelosie. Forza Italia, o meglio una sua parte, teme l’annessione di marca sovranista e qualcuno immagina che la partita, già complicata, diventi ancora più difficile intrecciandosi con la quella per il Quirinale.

Ma il Paese ha bisogno di una forte azione riformatrice: fisco, giustizia, infrastrutture, l’Afghanistan – la politica estera era scomparsa, ora tutti la riscoprono – sono solo alcuni dei temi che segneranno i prossimi mesi, l’attività del Parlamento e il cantiere legislativo. E allora, davanti alle troppe emergenze dell’Italia, perché non collaborare davvero e muoversi all’unisono, moltiplicando energie e proposte?

«Il Governo Draghi – scrive il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta – sta dando un’occasione formidabile di far valere valori e potenza ideativa sgorgati dall’esperienza originaria della discesa in campo di Berlusconi».

Il momento è adatto, bisogna sfruttarlo. Come? Il punto, nota acutamente Brunetta, «non è tanto saper vincere, ma saper governare». E per attrezzarsi su questo fronte, Brunetta individua tre tavoli di collaborazione fra i partner di governo del centrodestra: il primo parlamentare, il secondo governativo, il terzo fra i partiti.

Ecco, il primo e il secondo livello sono quelli studiati nel laboratorio di Villa Certosa. «Quando c’è la riunione dei capigruppo – spiega Roberto Occhiuto, leader degli azzurri a Montecitorio – ciascun partito spinge i temi che più gli stanno a cuore. Noi, per esempio, da mesi proponiamo l’istituzione di una Commissione d’inchiesta sull’uso politico della magistratura, ma finora non siamo stati seguiti. È facile intuire quale forza potrebbe avere il centrodestra di governo se arrivasse sempre con i temi e il metronomo condivisi, con una voce sola. Lo stesso discorso va fatto per lo spartito di governo: se ci si prepara e si va in Consiglio dei ministri con una linea comune, la nostra capacità di incidere cresce a vista d’occhio».

Insomma, non è solo una questione di poltrone o seggi, da armonizzare con Giorgia Meloni e Fdi, ma si tratta di lasciare il segno nell’azione del governo Draghi che su molti dossier si muove in sintonia con le aspirazioni profonde del centrodestra.

È quel che già succede in tanti comuni dove sindaci e assessori dei due partiti collaborano e diventa difficile stabilire dove inizino le iniziative dell’uno o dell’altro. Ed è esattamente quel che aveva suggerito un paio di mesi fa Matteo Salvini proprio in un’intervista al Giornale: conferenze stampa a partiti unificati, pacchetti di emendamenti in comune, proposte di legge pensate insieme. «Ci potrebbe essere un unico portavoce, ora azzurro e ora verde per azioni legislative o di governo», confermano al Giornale fonti della Lega. In questo modo si aggirerebbero gli ostacoli burocratici sparsi sul cammino e si supererebbero le inevitabili dispute e gelosie messe in moto dal processo di unificazione.

D’altra parte, lo scioglimento di un gruppo parlamentare in corsa, senza attendere la fine della legislatura, incrocia sottili problematiche giuridiche – come sottolinea un ministro nei suoi appunti distribuiti ai leader dei due partiti nelle scorse settimane – e dovrebbe trovare il consenso di almeno tre quarti degli associati.

Meglio provare a farsi sentire fra Palazzo Chigi, Montecitorio e Palazzo Madama, invece di immaginare alchimie al momento ancora fragili.


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