Devo ammettere, purtroppo, che ultimamente sono pochi i momenti in cui sono fiero di essere italiano.
A farmi ritrovare il sorriso e soprattutto l’orgoglio sono stati tutti i nostri meravigliosi ragazzi impegnati a Tokyo per i Giochi Paralimpici.
Mentre scrivo siamo a ben 58 medaglie, che sicuramente da qui a sera lieviteranno.
Un risultato, ancora parziale, che ci porta nell’olimpo dello sport e saldamente nella top ten mondiale.
Sarebbe sbagliato da parte mia citare una particolare disciplina o un particolare atleta: basti dire che possiamo guardare dall’alto in basso nazioni quali Francia o Germania.
Paesi che non cito a caso.
Già, perché l’orgoglio è doppio e non solo sportivo.
Primeggiare alle Paralimpiadi ci fa sentire tutti uomini e donne migliori.
Un intero Stato viene premiato: significa che l’Italia, finalmente, grazie a questi Sportivi, con la “S” rigorosamente maiuscola, fa un salto di qualità e civiltà enorme.
Io credo che chi ha responsabilità politiche alla fine della vittoriosa kermesse dovrà aprire gli occhi e cominciare a prendere appunti.
Questo impegno, questa abnegazione che ci sta facendo raggiungere vette altissime, va declinata immediatamente nella quotidianità.
Il che significa ad esempio abbattimento delle barriere architettoniche e inclusione vera.
Ecco, al di là degli allori spero vivamente che alla fine di Tokyo 2021 ci resti la consapevolezza che bisogna essere anche e soprattutto campioni nella vita.
E per farlo ognuno va messo nelle condizioni di competere ad armi pari: nello sport, come nel lavoro o negli svaghi.
A buon intenditor, poche parole.
Vorrei chiudere questo breve articolo, proposto di getto sulla spinta delle emozioni che solo lo sport può trasmettere, citando i sei atleti rifugiati paralimpici attualmente impegnati nei Giochi: essi ben esemplificano il potere dello sport nel promuovere l’inclusione e trasformare la vita delle persone disabili costrette alla fuga, che, secondo le stime attuali, sono circa 12 milioni.
Grazie.
David Oddone
Rubrica “Qui gatto… ci cova”