Nella piccola Repubblica l’interruzione di gravidanza è punita con il carcere. Ora un progetto di legge voluto dai cattolici concede alle donne un diritto: quello di immolarsi se la loro vita è in pericolo. Per la sopravvivenza del feto.
«Non si valuta se è minorenne, se è stata stuprata, se è disabile: il nostro Paese continua a vivere sotto una cappa clericale soffocante», dice Vanessa Muratori, ex parlamentare di Sinistra Unita, alla guida del Comitato promotore della legge sulla procreazione cosciente e responsabile per il quale è scattata ora una corsa contro il tempo: una raccolta di firme – ne servono almeno 60 – per presentare un’altra proposta di legge di iniziativa popolare sulla regolamentazione dell’interruzione di gravidanza e strappare così la piccola repubblica al Medioevo.
Secondo stime dei medici sono almeno una ventina all’anno. «E’ un problema che ben pochi nel governo vogliono affrontare: la coalizione che guida il Paese non ha nemmeno inserito nel programma il tema dei diritti civili», spiega Muratori. San Marino è governata da una alleanza tra Sinistra Socialista Democratica, Civico 10 (partito nato nel 2012, che si colloca nell’area del centro sinistra) e Repubblica Futura (centrodestra), formazione, quest’ultima, che è stata determinante nell’affossare la legalizzazione dell’interruzione di gravidanza. Il portabandiera del nuovo progetto di legge è Manuel Ciavatta, insegnante di religione e funzionario della Democrazia Cristiana sammarinese.
Oggi a San Marino è prevista solo un’attenuante per la donna che abortisce: se non è sposata scatta la giustificazione motivata dall’onore. Né la grave malformazione del feto, né la violenza sessuale o l’incesto possono invece salvarla dalla prigione. Un impianto normativo rigidamente patriarcale di fatto riconfermato dal nuovo Pdl. Che prevede infatti che il grave pericolo per la salute della donna sia dichiarato con parere unanime da un comitato medico costituito da tre specialisti e che la tutela giuridica del feto, sin dal concepimento, sia superiore al dritto di autodeterminazione della donna. Alla quale viene concessa un’unica libertà: quella di morire. L’Espresso