LIBERA NOS A MALO………………….di SPAM

Liberaci dal male, non riflettere la superbia degli stolti, fai tornare al paese le intelligenze semplici……………….Bisogna lavorare non otto ore, o sette ore, o dieci ore, ma praticamente sempre, magari con pause, interruzioni e rallentamenti, però in continuazione e senza orario, più o meno da quando si alza il sole fino a notte; bisogna lavorare da quando si è appena finito di essere bambini (e le bambine nelle case anche prima) fino a quando si è già vecchi da un pezzo; bisogna lavorare quando si è così poveri che lavorando sempre si arriva appena a sopravvivere, e anche quando si è meno poveri, e si potrebbe lavorare meno”. ……………….Le cose del nostro mondo ce le facevamo dunque noi stessi, molto più di adesso; le idee venivano bensì da fuori, ma si assimilavano profondamente attraverso il lavoro diretto. Tutto era umanizzato in questo modo”………………………………Ci sono due strati nella personalità di un uomo; sopra, le ferite superficiali, in italiano, in francese, in latino; sotto, le ferite antiche che rimarginandosi hanno fatto queste croste delle parole in dialetto. Quanto se ne tocca una si sente sprigionarsi una reazione a catena, che è difficile spiegare a chi non ha il dialetto. C’è un nòcciolo indistruttibile di materia apprehended, presa coi tralci prensili dei sensi; la parola del dialetto è sempre incavicchiata alla realtà, per la ragione che è la cosa stessa, appercepita prima che imparassimo a ragionare, e non più sfumata in seguito dato che ci hanno insegnato a ragionare in un’altra lingua. Questo vale sooprattutto per i nomi delle cose.

Ma questo nòcciolo di materia primordiale (sia nei nomi che in ogni altra parola) contiene forze incontrollabili proprio perché esiste in una sfera pre-logica dove le associazioni sono libere e fondamentalmente folli. Il dialetto è dunque per certi versi realtà e per altri versi follia”………………………………………………..“Non mi sono proposto però né di tradurre né di riprodurre il dialetto; invece ho trasportato dal dialetto alla lingua qualche forma e costrutto là dove mi pareva necessario, e sempre col criterio che questi miei “trasporti” nel loro contesto dovessero riuscire comprensibili al lettore italiano”………………………………
Questi alcuni spezzoni del libro di Luigi Meneghello , scritto e ambientato in un paesino del Veneto degli anni 60………………………………..In Libera nos a Malo ,Meneghello ragiona sul concetto di felicità, su cosa abbiamo perso e cosa abbiamo guadagnato con lo sviluppo della società, ma senza cadere in rimpianti conservatori e inutili patetismi. Non vuole dimostrare la superiorità di una o dell’altra epoca, vuole semplicemente metterle a confronto, contrapponendo il pensiero di lui da bambino con quello, lucido e ironico, del Meneghello ormai quarantenne.
Accanto a una cultura ufficiale fatta di testi ponderati, c’è quella grande tradizione di una cultura popolare basata su storie o dissertazioni pressoché totalmente orali.
E’ la riscoperta della valenza della tradizione, di quel perpetuarsi della storia grazie al quale è possibile sapere chi siamo poiché conosciamo da dove siamo venuti.
Quindi, Libera nos a Malo ha più di un pregio, mantenendo a distanza di anni ,un’attualità che sorprende, ma non più di tanto, qualora si abbia a mente che lo scopo principale è stato senz’altro la conservazione della memoria, quel sottile filo logico che lega due epoche anche così differenti, ma che permette di comprendere i motivi di questa diversità, consentendo perfino di guardare in avanti, verso il futuro, consapevoli di ciò che siamo.
Perchè questo “romanzo”? Per tornare con i piedi per terra, perchè ne abbiamo bisogno, ne ha bisogno la nostra gente ,  è inderogabile per la nostra politica, quella con la P maiuscola, ne ha bisogno la “pseudo-classe dirigente”  di San Marino…………….parlando il dialetto si emarginano “gli spacconi” e si ritorna alla terra , alle origini all’inizio del nostro cammino…………………………….
la vostra “colendissima” spam