SOSTEGNO deciso alla stabilizzazione in Libia. E piena disponibilità da parte italiana anche a ritirare fuori dalla naftalina l’accordo di amicizia firmato da Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi nel 2008, ratificato dall’Italia nel 2009 e ibernato dopo la rivoluzione del 2011. È questo l’esito dell’incontro tra il premier Matteo Renzi e il primo ministro libico Fayez al Serraj, al quale era presente anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.
SERRAJ, premier del governo di unità nazionale nato dagli accordi promossi dall’Onu e firmati a Shkirat il 17 dicembre scorso da una parte dei due parlamenti, non a caso ha scelto come prima visita all’estero quella a Roma. «Apprezziamo il grande contributo dall’Italia dopo la rivoluzione e durante il dialogo politico e cercheremo di incrementare la nostra cooperazione». Si è parlato di idrocarburi, ovviamente, ma anche di infrastrutture. E i libici hanno sollevato la questione dell’accordo. «Stiamo lavorando per riavviare il trattato di amicizia e cooperazione, che aiuterà le nostre riforme economiche e il ritorno degli investimenti stranieri» ha annunciato una nota della delegazione libica. E l’Italia non è contraria perchè se è vero che l’accordo prevede una spesa complessiva di 5 miliardi di dollari in 20 anni, stabilisce anche che le opere infrastrutturali debbano essere realizzate da aziende italiane. Ma ora il punto, osservano fonti governative italiane, è un altro: stabilizzare il paese. «La nuova Libia – ha commentato Matteo Renzi – potrà contare sul deciso sostegno che l’Italia, in coordinamento con la comunità internazionale, intende assicurare per la riabilitazione dei servizi essenziali, la creazione di premesse per lo sviluppo economico e per la stabilizzazione del Paese». «L’Italia – ha garantito Renzi – è pronta anche a rispondere con tempestività e nel necessario quadro di legalità internazionale alle eventuali richieste di assistenza che la Libia dovesse rivolgere».
UN EUFEMISMO, perchè la richiesta è già pronta e consentirà ad una missione militare internazionale guidata dall’Italia di avere basi per addestrare le forze di sicurezza libiche, e ala missione navale europea EuNavforMed di operare nelle acque territoriali libiche, e anche sulle coste, a caccia di scafisti. Il solo problema è capire se il nuovo governo riuscirà ad insediarsi in Libia e a sopravvivere. Con lui c’è almeno mezza Libia politica e la grande maggioranza della comunità internazionale, ma è l’altra a preoccupare: forze che, grazie a sponsor come il Qatar, han fatto e fanno politica anche con le armi.