
“Il Messico è tutta un’ombra, alla lunga ti corrode”. C’è il Messico e non solo nel libro del giornalista Adolfo Fantaccini, professionista che vive e mastica il giornalismo d’agenzia e ha sperimentato a lungo anche il giornalismo del quotidiano. Nell’anno chiave di questo libro, il 1970 era proprio quest’ultima la veste che indossava, da inviato. Il Messico è stato a lungo per Fantaccini un ricordo sopito, conservato nel suo cassetto della memoria e a farlo emergere è stato lo stand-by dovuto alla pandemia da Covid-19, il lockdown.
Il 1970 in questo libro si apre con i Campionati del Mondo di calcio, quelli che “potevano essere seguiti in diretta in ogni angolo del pianeta – scrive Fantaccini – grazie alla trasmissione via satellite. Già questa era una rivoluzione epocale, nelle teletrasmissioni e nel modo di vivere un fenomeno sportivo. Dal Messico in avanti, nulla sarebbe stato più come prima”. Il Messico da competizione sportiva si fa categoria e diventa uno stato mentale, partendo dalle fluttuazioni del meteo (quello vero di grandi escursioni termiche), passando per le vicende calcistiche, per le tecniche e i tempi (vivi e morti) del lavoro dell’inviato, per le giornate in attesa degli eventi, per i viaggi all’inseguimento delle partite, per lo studio delle squadre, dei caratteri, delle storie dei calciatori e anche per la musica perché quando c’è poco da scrivere, in attesa che il pallone rotoli in campo, i giornalisti lavorano lo stesso e possono avere – ed è il caso dell’autore – come compagna di viaggio la musica.
Nel 1970 erano i Beatles, sebbene già sciolti come gruppo con “Lennon e Paul McCartney ai ferri corti e una Yoko Ono di troppo”. In quell’anno si ascoltava la musica che ha segnato i decenni successivi ed è anche il periodo dei grandi eventi da Woodstock del 1969, alle tre edizioni dell’Isola di White, l’ultima delle quali proprio nel 1970 e poi come un coniglio che spunta da un cilindro, un evento italiano “anomalo”: il “Palermo pop”, una tre giorni in cui si esibirono Aretha Franklin, il ‘duca’ Duke Ellington, Kenny Clarke, Tony Scott, Johnny Hallyday. Una rivoluzione, come il Messico, come i Beatles, come il 1970.
—
Fonte originale: Leggi ora la fonte