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Il parallelismo vi potrà sembrare assurdo, un volo pindarico. E invece credo sia azzeccato. Lucarelli, i partigiani, Meloni, i pescivendoli, le scrofe, il maresciallo Tito, le foibe. Vi possono sembrare temi distanti, che non c’entrano una mazza, e forse Selvaggia la penserà così (già mi aspetto un tweet tipo: “Ci mancavano le foibe”). Ma qualcuno deve pur dire che il pezzo della giornalista (“Non esprimerò alcuna solidarietà a Giorgia Meloni“) ha la stessa valenza delle menzogne che per anni hanno nascosto i crimini dei titini. Ti hanno ammazzato senza processo? Poco importa: eri fascista, e un po’ te la sei cercata. Ti definiscono “scrofa”? Che sarà mai: sei erede del Msi, non vuoi i matrimoni gay e l’immigrazione selvaggia, dunque non meriti pacche sulle spalle. Contesti diversi, tempi distanti, ma stesso principio di fondo: uccidere, o insultare, un presunto “fascista” non è mai reato.
Se uno non conoscesse la leader di FdI, dal disegno dipinto da Lucarelli si figurerebbe una sorta di mostro nazista armato di manganello e olio di ricino. Una gerarca che “pascola sui terreni fertili dell’odio”. Ecco le prove: ha votato contro una risoluzione sul razzismo, ribadisce (l’ovvietà) che “i genitori sono padre e madre”, è convinta che l’immigrazione vada regolamentata, ha “un rapporto sereno col fascismo”. E ancora: i suoi parlamentari non applaudono Segre (episodio falsato), si definisce “donna, madre e italiana” (è un crimine?), “non ha alcuna pietà per chi attraversa il Mediterraneo” (ma quando?) e fa le barricate contro lo ius soli. Insomma: è di destra, non la pensa come noi buoni, dunque se viene ricoperta di insulti “non ha bisogno” di sostegno.
Alla fine Selvaggia non fa altro che sminuire l’astio del professore col fatto che la vittima sarebbe a suo dire colpevole di un crimine simile: essere a capo di un partito di odiatori. Occhio per occhio, dente per dente. È la stessa sentenza emessa sulle foibe: per anni si è detto fossero state solo la reazione all’occupazione fascista in Istria e Dalmazia, e che i morti fossero dei camerati da giustiziare. L’odio chiamava odio, quindi non c’era da piangere gli infoibati. Allo stesso modo, questo mi pare il ragionamento selvaggio, non bisogna commiserare Meloni che professa – a suo parere – una politica odiosa.
Nella prefazione a “Le verità infoibate”, Toni Capuozzo disegna magistralmente il retro-pensiero che ha alimentato decenni di silenzio sull’esodo. Gli omicidi fatti passare come “vendetta contro soprusi subiti”, quindi comprensibili. Assassinii giustificati facendo “diventare cattivi gli infoibati”, assegnandogli “una colpa postuma”: quella di essere “gli ultimi fascisti”, dunque, “un po’ colpevoli anche loro”. Perché provare pena per chi aveva appoggiato il regime? Lo stesso dicasi oggi: perché concedere solidarietà a chi, a detta di Lucarelli, “ha fatto dell’intolleranza e della divisione il suo credo politico”? Chi di (presunti) insulti colpisce, di (veri) insulti perisce. Ecco il ragionamento bambinesco di Selvaggia: basta bollare come “cattiva” la vittima, o meglio le legittime posizioni politiche che professa, per sminuire le offese che le vengono rivolte.
Ormai pur di andare contro Meloni molti commentatori non si preoccupano neanche di risultare incoerenti. È successo una ventina di giorni fa di nuovo a Selvaggia, quando prese per il culo l’ombretto sfoggiato da Meloni in tv dopo aver definito “scemo” il servizio di Striscia sui capelli della Botteri. Due pesi e due misure. Stavolta sarebbe bastato un tweet contro Gozzini. Sarebbe bastato stigmatizzare le offese. Ma non avrebbe fatto notizia. Meglio arrampicarsi in sciocchi intellettualismi, per poi fare l’offesa se editorialisti di questo Giornale ti criticano. Il sessismo qui non c’entra un cavolo. E neppure le vecchie questioni tra colleghi. Qui un prof ha chiamato “vacca” una persona, sia essa uomo o donna: poco cambia. La verità è che se non fosse stata/o “un fascio”, nessuno si sarebbe sognato di negarle vicinanza.
Perché essere di destra è peggio che aver ammazzato della gente: Selvaggia darebbe volentieri il reddito di cittadinanza agli ex brigatisti. A chi guida FdI invece neppure un briciolo di solidarietà.
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