Dopo l’uccisione di Jihadi John, un altro miliziano dell’Is – che parla un perfetto inglese – sfida la Gran Bretagna in un video di dieci minuti: insulta e deride Cameron definendolo un “imbecille” per aver deciso di combattere lo Stato Islamico e minaccia attacchi nel Regno Unito. Nel filmato, vengono poi giustiziate 5 presunte “spie” accusate di lavorare per Londra. I cinque prigionieri potrebbero non essere cittadini britannici, ma sarebbero stati giustiziati perché al servizio della coalizione, a cui fornivano foto e video dall’interno di Raqqa. Il boia simula i modi e il linguaggio di Jihadi John: mimetica, volto coperto che lascia Intravedere solo gli occhi, pistola in pugno
Il video. Nel video diffuso dalla propaganda dell’Is il premier britannico viene definito uno “schiavo della Casa Bianca”, un “leader insignificante che ha sfidato” lo Stato islamico. Il boia si rivolge direttamente a Cameron puntando diverse volte la pistola verso la camera. “Britannici, sappiate che vi invaderemo. Pensate che il vostro governo si prenderà cura di voi quando sarete nelle nostre mani?”. “Perderete questa guerra, come avete perso in Iraq e Afghanistan”. Nel filmato cinque uomini confessano” in arabo di “lavorare per l’intelligence britannica”, e di avere filmato e fotografato dei luoghi legati allo Stato islamico in cambio di denaro, a Raqqa, capitale dell’autoproclamato Califfato. Sono vestiti in tute arancioni e fatti inginocchiare nel deserto, poi vengono uccisi con un colpo di pistola alla testa.
Londra esamina il contenuto. Le autorità di Londra hanno affermato di essere “al corrente” del nuovo video postato su internet dai jihadisti dello stato islamico in cui si mostra un nuovo boia capace di parlare un perfetto inglese. “Siamo al corrente del video, stiamo esaminando il contenuto”, ha spiegato il ministero degli esteri britannico in una breve dichiarazione.
Gli insulti a Cameron. Il jihadista ‘britanniico” che compare nel video definisce David Cameron “il leader di una piccola isola”, “arrogante” e “più che imbecille”. “Com’è strano che il leader di una piccola isola ci minacci con un pugno di aerei. Pensavamo avessi imparato dalle lezioni del tuo patetico maestro a Washington e dalla sua fallita campagna contro lo Stato islamico”.
Quindi prosegue: “Invece sembra che tu, così come i tuoi predecessori Blair e Brown, sia solo arrogante e stupido. Perché David, tu sei più che imbecille. Solo un imbecille si permetterebbe di fare la guerra a una terra dove la legge di Allah regna sovrana e dove la gente vive la giustizia e la sicurezza della sharia. Solo un imbecille si permetterebbe di far arrabbiare gente che ama la morte nel modo in cui tu ami la vita”.
Le minacce del bimbo in mimetica. Le immagini si concludono con un bambino di 5 o 6 anni, che sembra essere anche lui britannico, vestito con una mimetica ed una fascia nera sulla testa con lo stemma di Is, che, puntando un dito alle sue spalle (forse in direzione del Regno Unito), dice: “Uccideremo i kuffar (infedeli) da quella parte”.
Jihadi John vittima di un raid. Il boia Jihadi John era rimasto vittima di un raid su Raqqa quasi due mesi fa. Dapprima incerta, la notizia della sua morte – si pensava che fosse ferito – è stata poi confermata da varie fonti. In pieno agosto, era apparso in un video, parzialmente a volto scoperto, per dire: “Io sono Mohamed Emwazi. Tornerò presto in Gran Bretagna con il Califfo (il leader di Is, Abu Bakr al Baghdadi)” dove continuerò a tagliare teste e ad uccidere i (kafir) miscredenti”.
Il boia sfuggì ai servizi inglesi. Ma in Gran Bretagna i servizi segreti erano stati messi sono accusa perchè si erano fatti sfuggire Jihadi John. Emwazi sarebbe stato nel mirino dell’agenzia MI5 da oltre sei anni, sarebbe stato detenuto e interrogato, forse trattato con violenza, per spingerlo a collaborare. I metodi della guerra al terrorismo finiscono così di nuovo sotto accusa.
Sembra che i servizi segreti avessero tentato di trasformarlo in un informatore più volte, non riuscendoci. Emwazi, così controllato dall’agenzia e presente sulla watch list, riuscì a lasciare il Paese e a unirsi allo Stato islamico in Siria.
Il Corriere della Sera