L’islamista e il complice belga. E il jihad ferisce ancora Parigi

Dubbi sull’identità del killer: si tratterebbe di un pregiudicato 39enne. Ma la rivendicazione dell’Isis attribuisce l’attacco al jihadista belga Abu Yousif. Potrebbe essere il complice.

Karim C. scende da una Audi 80 e apre il fuoco su agenti di polizia a colpi di kalashnikov.

Uno muore, altri due rimangono feriti e vengono portati d’urgenza in ospedale. Durante la sparatoria l’assalitore viene ucciso. Sono le otto di sera e siamo sugli Champs Elysees. Molti passeggiano, qualcuno esce dai negozi. La zona viene evacuata, decine di auto della polizia bloccano il viale. La Francia viene ferita a sangue per l’ennesima volta da un islamico, per di più radicalizzato noto ai servizi segreti francesi.

“Sono venuto fuori dal negozio Sephora e stavo camminando nei pressi di una Audi 80 parcheggiata. Un uomo ne è uscito e ha aperto il fuoco con un kalashnikov su un poliziotto”, racconta un testimone alla Reuters. “Il poliziotto è caduto a terra – aggiunge – ho sentito sei spari, ero spaventato. Ho una bambina di due anni, e ho pensato che sarei morto. Ha sparato direttamente verso il poliziotto”. Subito dopo l’attacco, tempestivamente rivendicato dallo Stato islamico, Francois Hollande convoca un Consiglio di difesa. Per l’inquilino dell’Eliseo è la sesta volta da quando è presidente. Fa impressione elencarle: gennaio 2015, la redazione di Charlie Hebdo e l’alimentari ebraico Hypercacher; novembre 2015, lo Stade de France e il Bataclan; 14 luglio 2016, il camion a Nizza; 26 luglio 2016, a Rouen un prete viene sgozzato mentre celebra la Santa Messa; 3 febbraio 2017, un uomo armato di machete attacca un gruppo di soldati nei pressi del Louvre. “Mi rivolgo – dice guardando le telecamere – ai cittadini: sono protetti, devono esserlo e lo saranno”.

Al di là delle frasi di circostanza di Hollande, quel che emerge dall’ennesimo attacco islamista è l’incapacità dei servizi segreti francesi a proteggere il Paese dalla follia omicida di soggetti radicalizzati e, quindi, pericolosi. Gli inquirenti sono, infatti, convinti che Karim avesse un complice. Il nome di Abu Yousif al Belgiki viene espressamente fatto dallo Stato islamico nella rivendicazione. Un altro islamico radicalizzato, arrivato in Francia dal Belgio, era già conosciuto agli 007 del Dgse. Lo avevano schedato con la lettera “S” che indica gli islamici che si sono radicalizzati e che, quindi, potrebbero perpetrare attentati terroristici. Secondo quanto riferiscono fonti giudiziarie riportate da BFM-TV, il belga aveva sparato a un agente già nel 2001. In quell’occasione si era limitato a ferirlo gravemente. All’indomani dell’attacco, però, si presenta in un commissariato di Anversa per scagionarsi.

I contorni dell’attacco, insomma, sono piuttosto oscuri. Sulla base dei documenti trovati nella vecchia Audi A4 color argento, da cui è partito l’attacco alla camionetta della polizia e sulla quale sono stati trovati un fucile da caccia e armi bianche, tra cui un coltello da cucina, Karim C. avrebbe 39 anni e nel 2003 era stato condannato a vent’anni di reclusione per aver tentato di uccidere tre uomini, inclusi due agenti, nel 2001 a Roissy-en-Brie. La pena era stata, poi, ridotta a soli cinque anni. Il Giornale.it