L’Italia tra “scudo” e autoriciclaggio. Le imminenti decisioni avranno forti ripercussioni su San Marino

Lo abbiamo puntualizzato diverse volte: San Marino non è altro che lo specchio dell’Italia.

Fossimo enclave della Germania, probabilmente oggi non staremmo a parlare di tangenti e corruzione. Con i “se” e con i “ma” comunque si va poco lontano. Non deve dunque stupire che in concomitanza con le indagini sul conto Mazzini da parte del Tribunale del Monte, in Italia si disquisisca proprio del fatto che la ripresa è bloccata dalla super tassazione, per di più iniqua.

E gravemente frenata dalla corruzione, che come le piante infestanti “può attecchire ovunque” e dilaga senza freni. Parole dure. A proferirle è la Corte dei conti nel giudizio di parificazione sul bilancio dello Stato 2013. Il Pg, Salvatore Nottola non usa mezzi termini. Ed Enrica Laterza, che coordina il controllo nelle sezioni riunite, non ha esitato a mettere all’indice tutti i malfunzionamenti della spesa pubblica del Belpaese.

E che cosa fa il governo italiano? Prepara la riforma del falso in bilancio. Un’operazione che deve tener conto di un’altra variabile: quella dell’introduzione del reato di auto-riciclaggio – considerato la vera arma per la lotta all’evasione fiscale e alla corruzione – che, dopo un lungo palleggio tra testi (ne esistono varie versioni) e veicoli normativi (da un decreto legge ad hoc a un disegno di legge sul contrasto alla criminalità), potrebbe alla fine entrare nel disegno di legge sulla riemersione dei capitali, ovvero il nuovo scudo fiscale del quale ormai da settimane si occupa “Tribuna”.

L’impatto dell’autoriciclaggio

Un fitto intreccio di norme e scadenze con una certezza: si punirà chiunque compie operazioni per ostacolare la provenienza del denaro “in nero”, senza più distinguere chi “lava” in proprio rispetto a chi lo fa attraverso consulenti – e persevera, con pene da 4 a 12 anni di carcere. Quello che a San Marino è già legge, non lo è dunque ancora in Italia. I nostri vicini vogliono comprendere, prima di prendere qualsiasi tipo di decisione, come questo nuovo reato impatterà nei confronti di chi avrà deciso, nel frattempo, di aderire alla campagna di rientro dei capitali depositati all’estero. Delle centinaia di miliardi di euro in fuga dall’Italia – 300, secondo stime prudentissime – una buona parte riguarda il mondo delle imprese. Non è un caso che, tra le varie proposte di legge prodotte nell’ultimo semestre, ci siano state iniziative – per esempio del Misetese ad agevolare il reimpiego dei fondi esteri destinati al finanziamento delle aziende (fonte il Sole 24 Ore).

Scudare: ancora tante incertezze
Nella situazione odierna comunque, con l’introduzione dell’autoriciclaggio, se un’azienda, attraverso i suoi amministratori decidesse di aderire allo “scudo” (la cosiddetta voluntary disclosure), si troverebbe garantita sui reati fiscali ma rischierebbe di trovarsi clamorosamente scoperta su quelli societari. Detto questo sarà comunque difficile rinunciare a “scudare”: se gli scudi e i condoni disegnati dall’ex ministro Giulio Tremonti si basavano soprattutto sulla “convenienza” del contribuente ad aderire garantendo depenalizzazioni e forti sconti sulle imposte evase, la “voluntary disclosure”, che sarà approvata entro la prossima settimana alla Camera, fa più leva sulla“paura”. Il messaggio che si vuole fare passare è piuttosto semplice: si aderisca o meno, nel prossimo futuro non ci sarà modo di occultarsi al Fisco. Non resta che attendere le decisioni dei nostri vicini che inevitabilmente, avranno ripercussioni anche sulla Repubblica di San Marino.

David Oddone, La Tribuna