San Marino e Vaticano: l’Italia presenta il conto per l’elettricista.
E per l’antica Repubblica ci potrebbero essere in ballo 7-8 milioni collegati alla questione della ”interrompibilità”. Insomma, la domanda è sempre la stessa: sarà possibile da quest’anno conoscere con esattezza quanta elettricità consumano gli stati esteri di San Marino e del Vaticano, in modo che sia equo il conto caricato dai distributori (Acea per la Santa Sede e Enel per la Repubblica del Titano) sulle bollette di tutti gli italiani? Forse si.
Sarebbe infatti questa la promessa (implicita) della ministra per lo Sviluppo, Federica Guidi, un impegno che si ricava dalla risposta data a un’interrogazione di un gruppo di deputati di Alternativa libera-possibile. Si è così appreso che il Mise ha affidato all’Autorità per l’energia presieduta da Guido Bortoni la definizione dei criteri per verificare l’utilizzo effettivo di energia, ”anche avvalendosi delle imprese distributrici”.
In questo modo si dovrebbe sciogliere sciogliere definitivamente il dubbio che le imprese, oltre a vendere l’energia non consumata da Vaticano e San Marino a prezzi di mercato (superiori a quelli praticati da Francia e Svizzera, da cui arriva) ricavandone sovrapprofitti, si facciano rimborsare anche i costi di trasporto per tutta la capacità teorica e non solo quella effettivamente utilizzata.
Non è la prima volta che si parla della questione elettricità fornita dall’Italia alle due piccole enclave. La questione era infatti tornata d’attualità a luglio 2014 nel cosiddetto decreto ”taglia-bollette”. In quel caso si valutò che il ”regalo” energetico che lo Stato faceva ogni anno alla Santa sede e alla Repubblica di San Marino aveva un valore di 15.16 milioni di euro, ripartiti più o meno a metà.
San Marino per i suoi 54 megawatt vanta un diritto decennale, ribadito da un accordo con l’Italia del 2011.
La Voce della Romagna