Lunedì sera, mentre le vie del centro di Liverpool ribollivano di cori e di bandiere, la città ha visto mutare l’euforia in terrore nel giro di pochi secondi. L’open-top bus con Jurgen Klopp, i giocatori e la dirigenza dei Reds stava scivolando fra due ali di folla quando, lungo Water Street, un’auto grigia ha eluso un varco di sicurezza, ha guadagnato velocità e si è lanciata contro i tifosi assiepati ai bordi della carreggiata. Il ruggito collettivo che fino a un istante prima celebrava il ventesimo titolo nazionale si è trasformato in un unico, angosciante grido.
Dalle immagini riprese con i telefonini — già virali, purtroppo — si distingue il veicolo che sterza all’improvviso, investe un primo gruppo di persone, rallenta solo per qualche metro e poi accelera di nuovo, falciandone altre. «Credevo fosse un’esibizione, un ingresso coreografico», racconta Harry Rashid, che si trovava a pochi passi dalla traiettoria mortale. «Poi ho visto corpi volare e ho capito che era reale».
La North West Ambulance Service ha contato 27 ricoveri in ospedale, quattro dei quali bambini; due pazienti — fra cui un ragazzino di otto anni — versano in condizioni critiche. Altri venti feriti hanno ricevuto cure sul posto per tagli e contusioni, mentre la polizia ha invitato chiunque avesse lasciato l’area sotto shock a recarsi in pronto soccorso qualora compaiano sintomi nelle prossime ore.
Il conducente, un 53enne britannico, di pelle bianca e residente nella zona di Liverpool, è stato estratto dall’abitacolo da alcuni agenti e subito preso in custodia, sottraendolo alla furia dei presenti. Contro di lui pende ora l’accusa di lesioni gravissime mediante guida pericolosa. La Merseyside Police ha precisato che non sussistono indizi di terrorismo e che l’indagine, pur supportata in avvio dai nuclei antiterrorismo, prosegue con l’ipotesi di un gesto isolato le cui motivazioni restano da chiarire — fra le piste, un possibile disturbo psichico o l’abuso di sostanze.
Fra i feriti figura anche Frankie Bower, 24 anni, sopravvissuta all’attentato di Manchester Arena del 2017. «Ho rivissuto tutto. Il boato, la corsa, la sensazione di essere di nuovo bersaglio», ha detto ai reporter fuori dal Royal Liverpool Hospital. Le sue parole fotografano la fragilità di una comunità che, pur abituata ai grandi raduni sportivi, porta ancora cicatrici aperte.
Il primo ministro Keir Starmer ha parlato di «scene agghiaccianti» e ha espresso «solidarietà assoluta alle famiglie e gratitudine ai soccorritori». La ministra dell’Interno Yvette Cooper ha promesso «il massimo rigore investigativo» e ha invitato l’opinione pubblica a evitare speculazioni finché non saranno noti i risultati degli esami tossicologici e psichiatrici sull’arrestato. Anche il Liverpool FC, tramite un comunicato firmato dal capitano Virgil van Dijk, ha definito l’accaduto «un colpo al cuore di una giornata che doveva essere soltanto festa» e ha offerto supporto materiale e psicologico alle vittime.
I numeri spiegano la portata dell’evento: quasi un milione di persone distribuite su dieci miglia di percorso, oltre un migliaio di agenti dispiegati, droni e unità cinofile. Eppure la falla c’è stata. Water Street, laterale ricca di incroci e varchi pedonali, è stata indicata da più esperti come «anello debole». Non a caso, già nella notte, il sindaco Joanne Anderson ha annunciato una revisione immediata dei protocolli per i raduni di massa, includendo barriere anti-car-ramming e controlli veicolari più serrati.
Sulle vetrine dei pub, stamani, le sciarpe rosse ondeggiano a mezz’asta. La città che negli ultimi anni aveva trovato nel calcio una rinascita identitaria si scopre vulnerabile proprio nel giorno del suo trionfo. Ma Liverpool, come la sua squadra, è avvezza alle rimonte: già nelle prime ore di martedì sono stati lanciati fondi di raccolta per le cure delle vittime, mentre i club rivali — Everton in testa — hanno inviato messaggi di sostegno.