Da settimane, il suo nome agitava i sonni delle correnti delle toghe (soprattutto quelle di sinistra, ma non solo): da quando il Giornale, il 17 febbraio, aveva indicato Nicola Gratteri come il candidato più forte alla Procura di Milano, l’idea della sua irruzione nel santuario di Mani Pulite aveva sollevato paure di ogni tipo. Anche perché trovare un candidato alternativo in grado di sbarrare a Gratteri la strada verso il nord era reso arduo dalla sentenza del Tar del Lazio che, annullando la nomina del procuratore di Roma Michele Prestipino, aveva dettato regole rigide per la scelta dei capi delle Procure.
Ma ora Gratteri rischia non solo di dover rinunciare al suo sogno milanese – ribadito ieri in una intervista – ma anche al suo posto attuale. Tutta colpa della prefazione elogiativa firmata per il libello no-vax e antisemita del suo collega Angelo Giorgianni. Su Gratteri piomba ieri un colpo di bazooka: quella prefazione è la dimostrazione che non è in grado di guidare alcun ufficio giudiziario. A dirlo è uno dei numi tutelari della sinistra giudiziaria, Guido Neppi Modona, con un intervento sul Riformista. Giudice, professore, cavaliere di Gran Croce, giudice della Corte Costituzionale, Neppi è uno che quando parla viene ascoltato. E ieri scrive testualmente che «il dr. Gratteri ha perso il prestigio di cui un magistrato – specie se posto a capo di un importante ufficio quale è la Procura della Repubblica – deve godere nei confronti della popolazione e dei suoi colleghi, e pertanto a norma dell’ordinamento giudiziario deve quantomeno essere trasferito in un’altra sede e con funzioni che non comportino alcun incarico direttivo». Un messaggio esplicito inviato alla Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, quella che si occupa di sloggiare i giudici incompatibili, e che in questi giorni è alle prese con i veleni del caso Palamara.
Con la prefazione al libro di Giorgianni, Gratteri si è autoaffondato. Per raccontare la gravità della situazione basta l’annuncio della casa editrice del libro, che ieri di fronte al putiferio annulla la presentazione prevista per le 19. Forse la Prima commissione del Csm non raccoglierà fino in fondo l’appello di Neppi Modona, e permetterà a Gratteri di continuare a fare il procuratore laggiù a Catanzaro, dove peraltro ha arrestato tutto l’arrestabile. Ma che possa ambire alla poltrona che fu di Francesco Saverio Borrelli è, allo stato attuale, del tutto inverosimile. E qua il Gratterigate si rincrocia con il caso Palamara, il gorgo che ormai sembra inghiottire tutto ciò che si muove in magistratura. Perché le chat e il libro di Palamara investono in pieno anche la Procura milanese, i suoi meccanismi di potere. L’arrivo di Gratteri era, nel bene e nel male, l’occasione per girare pagina. Ma adesso che si fa?
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