L’Oblio e Perdono di Robert Harris

(di Mauretta Capuano) (ANSA) – ROMA, 23 NOV – La decapitazione di re Carlo I che ha
segnato il culmine della guerra civile inglese e la caccia
instancabile all’uomo, la più grande del Diciassettesimo secolo,
per punire i due traditori ancora in vita fuggiti in America.
    Robert Harris ci porta nel cuore di uno dei periodi più
tumultuosi della storia inglese nel suo nuovo romanzo ‘Oblio e
Perdono’ che esce per Mondadori nella traduzione di Annamaria
Raffo.
    “E’ un fatto straordinario che l’unica rivoluzione che c’è
stata in Inghilterra non sia conosciuta dalla maggior parte
delle persone. Non solo hanno tagliato la testa al re, hanno
eliminato i Lord e anche la presenza dei vescovi. L’Inghilterra
è stata per undici anni una Repubblica e quasi nessuno lo sa e
comunque le da l’importanza che dovrebbe avere. Tutto questo è
successo 150 anni prima della Rivoluzione francese, 250 prima
delle Rivoluzione Russa” dice Harris che è stato in Italia per
la presentazione del libro. “Questa rivoluzione che è scoppiata
in prima battuta in Inghilterra è sopravvissuta nella nuova
America. Il fatto che io abbia fatto nascondere i regicidi, cioè
gli assassini del re, in America presso comunità religiose
indipendenti dalla Corona d’Inghilterra è come se avessi voluto
dire che lì c’era il seme, la nascita, il Dna di quello che è
l’America dei nostri giorni. La Storia può anche essere
cancellata però non si può sfuggire alla Storia” racconta Harris
in questo suo primo romanzo storico ambientato prevalentemente
in America che ha una narrazione da film western.
    Scritto poco dopo il Natale del secondo lockdown il libro
riflette nelle sensazioni che provano i fuggitivi costretti a
stare rinchiusi nelle cantine, nei fienili, senza vedere mai
nessuno, un po’ dell’esperienza di reclusione vissuta in quel
periodo. E c’è anche molta rabbia nel romanzo, quella dei
cortigiani di Carlo I di Inghilterra che volevano che gli
uccisori del re non trovassero mai pace, mai pietà.
    “La settimana dopo la pubblicazione del mio libro la Regina
Elisabetta II è deceduta e si è avuto l’avvicendamento sul trono
di Carlo III, 360 anni dopo la morte di re Carlo I. Credo questa
sia una cosa interessante. In questo momento la monarchia in
Inghilterra è molto forte, è molto sentita” dice Harris. Perché? “All’epoca le due fazioni sono arrivate a stipulare la
possibilità di considerare l’oblio, cioè si è arrivati a una
composizione pacifica di questa faccenda fra il re e il
parlamento che ha portato alla realtà odierna. Ecco perché
abbiamo un altro re Carlo. Tutti si sono resi conto che la
Repubblica non avrebbe funzionato così come era accaduto
all’epoca. Credo non si accarezzi più l’idea che si possa
tornare alla Repubblica. Secondo lo storico marxista Eric J.
    Hobsbawm, con cui ho parlato poco prima che morisse, i paesi più
civili del mondo sono quelli che hanno un regime di monarchia
costituzionale perché è la migliore garanzia di libertà. Se c’è
e se si può parlare di una eredità storica è proprio quella che
ha portato al rafforzamento della monarchia attuale” spiega lo
scrittore che crede che “la Brexit sia servita da sveglia per
gli inglesi”. “Non siamo ancora alla fine di questo sogno, ma
non si può fare altro che intravvedere il nostro destino come
legato all’Europa. E questa grande fantasia che l’Inghilterra
debba tornare ad essere una grane potenza mondiale secondo me è
completamente morta”.
    Della serie ‘The Crown’ Harris ha visto due episodi. “E’ servita
a rinsaldare ancora di più l’immagine della famiglia reale che è
la più conosciuta al mondo, è come fosse un marchio di fabbrica.
    The Crown è stata vista da quasi un miliardo di persone e si
dice che siano stati 4 miliardi quelli che hanno guardato in tv
i funerali della Regina Elisabetta II, mi pare che siano delle
cifre che parlano da sole”.
    E un film da ‘Oblio e Perdono?’ “I diritti sono stati acquistati
dai produttori di Downton Abbey che lo vogliono trasformare in
serie tv”.
    Harris che ci ha raccontato la futilità della guerra in ‘V2’ è
un grande sostenitore “della lotta che gli ucraini stanno
facendo per poter mantenere la loro indipendenza”. “Credo sia un
imperativo morale che l’Europa li sostenga” dice all’ANSA.
    (ANSA).
   


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