L’ombra di Berlusconi sulla riforma della giustizia (l’editoriale di David Oddone)

Ecco che in Italia avanza a grandi passi la riforma della giustizia, in un tumulto di voci discordanti e polemiche accese.

La proposta del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, si staglia sullo sfondo, innescando un turbinio di emozioni e pensieri, che spingono gli animi in direzioni diametralmente opposte.

Da una parte, il Guardasigilli difende con ardore il dovere di salvaguardare la dignità umana, di proteggere la riservatezza delle parole.

Sostiene che le conversazioni private, debbano essere rispettate e preservate da orecchi indiscreti. Ma dall’altra, l’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) si erge quale implacabile arbitro, e con voce sicura e decisa, solleva dubbi e timori sulle potenziali conseguenze di tale decisione.

Il duello è iniziato e promette scintille. Una battaglia di idee e di prospettive che scuote le fondamenta stesse della giustizia. Ma in tutto questo fragore, mi chiedo: dove sta il parere dei protagonisti silenziosi? Dove si cela l’individuo comune, con le sue speranze, paure e inquietudini? L’impressione è sempre la stessa: quella di assistere a discorsi altisonanti, lontani però dalla realtà quotidiana che affligge la gente.

Le affermazioni di Nordio, innegabilmente dense di buon senso, evocano l’esigenza imprescindibile di difendere la privacy, di custodire gelosamente la dignità umana. In un’epoca dominata dalla pervasività delle comunicazioni digitali, è importantissimo creare un baluardo in grado di tutelare i cittadini da intrusioni indesiderate. Tuttavia, bisogna procedere con cautela, poiché vi è il pericolo latente di imboccare una strada estrema, che costringerebbe l’espressione libera a inaridirsi e soffocare, sotto la scure di mafiosi e criminali.

E’ la posizione dell’ANM. Le toghe nutrono timori legittimi, temono che l’opera di indagine sui reati più gravi possa essere compromessa, che il loro già complicato operato, venga reso ancora più arduo, da ostacoli insormontabili. È indubbio che il ruolo dei magistrati rivesta una rilevanza cruciale nella nostra società, e le loro preoccupazioni meritano di essere prese in seria considerazione.

In mezzo all’ennesima contesa su di un tema che in Italia è da sempre divisivo, emerge una verità incontestabile: il suo sistema giudiziario necessita di una riforma. Ma come si può raggiungere un equilibrio tra la sacrosanta riservatezza e l’urgenza di far emergere la verità? Come possiamo garantire che l’ombra non inghiotta le prove fondamentali di un reato commesso? La risposta non è agevole, pretende un’analisi approfondita e una visione olistica del quadro.

È comprensibile che il governo scelga il suo interlocutore istituzionale, ma non è accettabile permettere che l’interlocutore istituzionale diventi l’unico soggetto autorizzato a parlare. La democrazia richiede il pluralismo delle voci, la diversità di opinioni e la possibilità di una disputa aperta e inclusiva. La politica non può escludere coloro che hanno qualcosa da dire: così si alimenta soltanto lo scontro.

Aggiungo che tirare fuori il nome di Berlusconi nel dibattito sulla giustizia non solo è controproducente, ma avvelena il dibattito stesso. La sua continua presenza sul tema, i conflitti di interesse, sono stati spesso una barriera per il cambiamento. Concentrarsi su di lui persino ora, appare insensato, dannoso, finanche punitivo per qualcuno. Senza contare che le leggi devono essere realizzate nell’interesse collettivo e non certo come un omaggio alla memoria di chicchessia.

La riforma della giustizia è un tema cruciale e centrale, un’opportunità per migliorare il sistema legale e garantire una maggiore equità. Mi permetto di consigliare al ministro Nordio, che ho conosciuto personalmente e che apprezzo e stimo profondamente, di evitare contrapposizioni capaci di generare distrazioni utili semplicemente ad allontanarsi dall’obiettivo principale.

 

David Oddone

(La Serenissima)