IL GOVERNO di Tripoli spara a zero contro il nuovo inviato dell’Onu, Martin Kobler. Ricorda i suoi silenzi sul massacro dei Mujaheddin del popolo iraniani di Camp Ashraf. All’epoca il diplomatico tedesco era il rappresentante delle Nazioni Unite in Iraq. Dalla Libia emerge un ruolo crescente degli 007 inglesi, proprio come in quel 2011 che culminò nella cacciata e nella morte di Gheddafi. In questi giorni è stato segnalato un attivismo dell’intelligence britannica che per ora è concentrato in un dialogo intenso con tutte le fazioni armate e con tutte le tribù, anche in vista di futuri vantaggi nei contratti per lo sfruttamento petrolifero soprattutto in Tripolitania.
LA NOVITÀ rischia di minacciare il primato dell’Italia nell’eventuale fase tre del piano di pacificazione messo a punto dal Palazzo di Vetro. Sullo sfondo prendono corpo iniziative locali. Nei giorni scorsi c’è stato un primo contatto fra gli eletti nelle municipalità per tentare di ritrovare un filo di dialogo dal basso. Il ministro degli esteri Paolo Gentiloni ha annunciato al Senato che il 13 gennaio a Roma si terrà una conferenza ministeriale «che riunisca non solo i grandi player globali, ma anche i principali Paesi della regione». «Il fatto è – ha sottolineato – che non abbiamo molto tempo e non vogliamo lasciarne ai tagliagole di Daesh». Un rapporto di 24 pagine delle Nazioni Unite ha rilevato una concentrazione a Sirte di 2-3000 miliziani dell’autoproclamato Califfo al Baghdadi. Fonti locali denunciano l’arrivo di comandanti militari «partiti da Raqqa a bordo di imbarcazioni approdate sulle coste libiche».
Le forze del governo di Tobruk guidate dal generale Khalifa Haftar, nemico giurato delle formazioni armate islamiche, sono in prima linea. Ieri il comandante dell’operazione «Dignità» a Bengasi, il colonnello Ali al Thamem è stato dilaniato da una mina mentre ispezionava la prima linea di Sidi Faraj. Ad Ajdabiya, 250 chilometri a nord di Sirte e circa 190 a sud ovest di Bengasi, è stato ucciso con un colpo sparato a bruciapelo Shik Yusuf al Zai, un alto funzionario delle dogane. Nelle ultime settimane i caduti, civili e militari, sono stati 37.
L’AVIAZIONE di Tobruk, il governo laico riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato dall’Egitto e dagli Emirati Arabi, ha messo a segno diversi raid aerei sulla periferia meridionale della città, roccaforte dei jihadisti. Abdullah al Thani, il primo ministro di Tobruk, ha invocato l’intervento dei russi. In un’intervista al canale Sputnik ha detto che «il suo governo è pronto a coordinarsi al più alto livello» per consentire l’arrivo dei soldati di Mosca in Libia. A Derna invece continua da mesi lo scontro diretto fra gli uomini in nero dell’Isis e il Consiglio della Shura dei mujaheddin, i miliziani legati ad al Qaeda. Mourad al Sabei, un esponente di primo piano del sedicente Stato Islamico, è stato giustiziato. I sei capi di addestramento di Fataieh, nella periferia sudorientale sono circondati.
Il Congresso nazionale generale di Tripoli, il parlamento dominato dai Fratelli Musulmani, ha confermato nel suo incarico il premier Khalifa Gwheil e gli ha attribuito anche il dicastero della Difesa. Il numero dei ministri è stato dimezzato. L’iniziativa è stata letta come il varo di «un gabinetto di crisi». I parlamentari però si sono detti disponibili a «un dialogo diretto» con i deputati di Tobruk.