L’opinione.it – Magistratura e riflessioni ……….. di Massimiliano Annetta

AnnettaPotremmo fare come hanno fatto i giornaloni e bacchettare il giudice Carlo Deodato cui si deve la sentenza del Consiglio di Stato che stabilisce la non trascrivibilità in Italia dei matrimoni fra persone dello stesso sesso contratti all’estero.

Sarebbe esercizio facile, anzi facilissimo, perché non v’è dubbio che i giudici dovrebbero parlare solo con le sentenze e non a ruota libera su tutto lo scibile umano, ché ormai tutte le ribalte mediatiche son buone, dai giornali ai talk-show fino ai social network, che comportano l’indubbio (s)vantaggio della sovraesposizione mediatica fai-da-te.

Del resto, per un ragazzo di sinistra un po’ invecchiato e molto disilluso come me trovare argomenti di dissenso dal giudice Deodato, che si definisce sul suo profilo Twitter “giurista cattolico”, non sarebbe difficile. Ma il problema è che ben più in uggia di un giudice che su Facebook posta foto delle sentinelle in piedi ed altre amenità ho l’ipocrisia, perché per bacchettare il giudice fervente credente dovremo far finta di dimenticare quello che accade in un assordante silenzio in questo Paese da oltre quarant’anni. Perché in Italia di magistrati che esibendo la propria parzialità hanno fatto poi carriera fra riverenti inchini son piene le cronache.

Vogliamo ricordare i tempi di Tangentopoli? O il Pm dall’eloquio ruspante che fu più volte ministro? O quell’altro del “resistere, resistere, resistere”? O ancora la pletora di candidati e talvolta eletti presidenti di Regione, presidenti del Senato, candidati alla Presidenza del Consiglio, candidati sindaci, assessori, ministri se non anche a qualche assemblea di condominio? E allora viene il dubbio che la partigianeria non sia un problema in sé ma soltanto quando non è schierata sul fronte di un sedicente progressismo di sinistra, come se quello storico documento del 1971, con il quale i magistrati democratici teorizzavano la via giudiziaria al socialismo, non fosse un reperto di archeologia politica.

E allora forse è il caso di farsi, prendendo a pretesto l’esibizionismo sui social network del giudice che condanna le nozze gay, qualche domanda su cosa siano divenute in questo Paese la magistratura e la stampa. E, rispondendo a questi interrogativi, è bene avere il coraggio di dirsi che quello della apoliticità della magistratura è nient’altro che un vuoto simulacro; che le correnti hanno da anni preso una deriva Cencelliana unicamente attente al piccolo cabotaggio delle campagne elettorali e degli indubbi privilegi di categoria, salvo non perdere occasione di pontificare non solo in casa propria ma su qualsivoglia tema politico; che esistono magistrati che professano in ogni modo possibile il loro credo politico; che in istituzioni come il Consiglio superiore della magistratura si fa carriera soprattutto per meriti politici. Che, soprattutto, utilizzare la propria dote giudiziaria per fini politici significa dare l’impressione che tutta la magistratura è di parte, creando così un danno irreparabile alla credibilità dello Stato. E che, infine, se tutte queste cose non le denuncia il sig. B. ma un magistrato come Piero Tony qualche riflessione autocritica forse sarebbe il caso di metterla in campo.

E allo stesso modo c’è da farsi qualche domanda pure sulla stampa che se la prende con i Deodato e poi fa finta di non vedere casi di ben più eclatante malcostume giudiziario; ma qui la risposta è semplice, il problema è che in Italia esiste un circuito mediatico giudiziario che lega singoli uffici giudiziari a singoli giornalisti o testate. Da questo circuito e non altro nasce lo scandalo della continua pubblicazione, in spregio della legge e della Costituzione, di atti giudiziari. E questo forse è l’aspetto più doloroso per chi come me si immagina la stampa come il Quarto Potere, quello che contesta tutto a tutti, a cominciare dagli altri poteri. Invece da tempo la stampa italiana sta bovinamente all’abbeveratoio delle Procure e la posa negli abbeveratoi non è – come con impareggiabile arguzia spesso rammenta il mio amico Valerio Spigarelli – mai elegante.

Insomma, ce la potremmo prendere pure noi con l’esibizionismo di Stato di Deodato, ma per farlo dovremo essere un pochino ipocriti e questo francamente non ci va.