A Lugo, lei era di turno e loro morivano. L’incredibile storia che ha portato all’ergastolo l’ex infermiera Daniela Poggiali

poggiali danielaLA BORSA l’ha già preparata, si torna a casa. È la notte del 12 marzo 2014 e a Massimo Montanari, da sei giorni là dentro, hanno già detto che la mattina dopo verrà dimesso. E invece no perché alle 23 il suo cuore si ferma all’improvviso. Quello del 95enne Montanari è forse il caso più eclatante tra i dieci pazienti morti nel reparto di Medicina dell’ospedale di Lugo in circostanze che la procura di Ravenna vuole approfondire. Perché in quella lista, oltre a chi avrebbe dovuto essere dimesso il giorno dopo, c’è pure chi, sebbene in condizioni fisiche segnate da lunghe malattie, dalla semplice lettura delle cartelle cliniche non avrebbe dovuto morire in quel momento. Decessi selezionati attraverso una consulenza medico-legale eseguita su 38 cartelle di pazienti venuti a mancare a Lugo nei primi tre mesi del 2014. Vite differenti, ma tutte terminate con un unico denominatore comune: la presenza in turno della 44enne ex infermiera Daniela Poggiali. La donna giusto una settimana fa ha rimediato l’ergastolo perché riconosciuta colpevole (in primo grado) di avere ammazzato una sua paziente, la 78enne Rosa Calderoni, iniettandole due fiale di potassio la mattina dell’8 aprile 2014 a poche ore dal ricovero. E la Calderoni avrebbe dovuto essere l’undicesima della lista.

A incanalare il suo caso su un binario a parte è stato un particolare investigativo determinante: gli inquirenti sono riusciti a prelevarle in tempo utile campioni dai bulbi oculari dai quali calcolare la concentrazione di potassio. Per gli altri dieci pazienti non esiste tale dato e la riesumazione sarebbe inutile. Nonostante ciò, il procuratore capo Alessandro Mancini conta «di chiudere l’indagine prima dell’estate» alla luce di indizi «precisi, gravi e concordanti». In questo senso, tanto peso potrebbero avere le dichiarazioni dei familiari dei defunti. Vedi Navia Gasperoni, moglie del 59enne Renato Bravi morto il 24 gennaio 2014 dopo una degenza di una decina di giorni. «Quello stesso pomeriggio –ha ricordato la donna – mio marito stava parlando con mio padre. A un certo punto è entrata un’infermiera, la Poggiali, che ha chiesto a tutti di uscire. È stata dentro dieci minuti» e quando il padre è rientrato «ha trovato mio marito morto». Sospetti anche per un familiare di Mauro Farolfi, paziente ricoverato il 2 febbraio e deceduto quattro giorni dopo: «Parlai con i parenti di un altro defunto che era nelle sue stesse condizioni. Pensai: strano che due persone gravi ma stabili muoiano nello stesso reparto a pochi giorni di distanza». Il Resto del Carlino