L’appuntamento fissato per domenica 12 giugno ha una valenza importantissima: con il parere favorevole ai 5 referendum si possono muovere i primi passi verso la strada che porta alla riforma della magistratura. Un tema cruciale su cui gli elettori saranno chiamati a esprimersi, con l’asticella del quorum (50%+1) come condizione necessaria per approvare i quesiti. Un’occasione che assume un certo peso, visto che gli italiani nutrono sempre meno fiducia verso la magistratura. Eppure per Giuseppe Conte questa consultazione popolare è un’arma di attacco ai pm.
L’ultima di Conte
“I referendum, così concepiti, sono frammenti normativi che intervengono, sembrano quasi, come una vendetta della politica nei confronti della magistratura“, ha detto senza giri di parole il presidente del Movimento 5 Stelle. L’ex premier ha riconosciuto che la magistratura “ha delle colpe“, ma non ha voluto sposare la linea di adottare “un atteggiamento punitivo” da parte della politica. E proprio su questa linea ha ribadito la contrarietà dei grillini ai quesiti referendari.
A questo punto però la domanda sorge spontanea: allora il taglio dei parlamentari, tanto sbandierato dal M5S, era una vendetta contro la politica? Comunque occorre fare qualche ripasso all’avvocato Conte. I referendum in programma domenica 12 giugno non sono una punizione contro la magistratura: con il sì alla riforma del Csm, ad esempio, si vuole colpire il correntismo e il condizionamento della politica sulla giustizia.
Il silenzio sui referendum
Fino a questo momento il fronte giallorosso non si è esposto molto: sia il Movimento 5 Stelle sia il Partito democratico si sono limitati ai “no” del caso, senza fare chissà quali appelli alla partecipazione. La spiegazione è semplice: in maniera implicita sperano che non venga raggiunto il quorum, così da non far passare i referendum. Sorprende (ma non tanto) il comportamento dei 5 Stelle: il referendum non è uno strumento di partecipazione diretta? Per quale motivo questa volta la base non viene invitata a catapultarsi alle urne?
Ma a preoccupare non è solo l’atteggiamento dei giallorossi. Ieri l’Agcom ha richiamato la Rai e tutti i fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici operanti in ambito nazionale affinché garantiscano una “adeguata copertura informativa” sui temi che riguardano i referendum, chiedendo di fornire ai cittadini un’informazione “corretta, imparziale e completa” sui quesiti e sulle ragioni del sì e del no.
Per la Lega l’intervento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni conferma che sui referendum sulla giustizia “c’è stato finora un silenzio vergognoso“. Il Carroccio dunque ha chiesto di correre “subito ai ripari” e di garantire un’informazione “adeguata, corretta, imparziale e completa” sui quesiti “nel rispetto del principio del pluralismo“.
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