Ma Renzi pensa solo al Giubileo «Sarà un’altra Expo, ce la faremo»

RenziTRA MILLE dubbi, una cosa è certa. Renzi non ha nessuna intenzione di restituire la palla a Marino. Fra 19 giorni, quando scadrà la fase di riflessione, lui non avrà nessuna chance di ritornare in Campidoglio. Il premier rivendica con orgoglio la scelta, come annota su
l’Unità. «Era l’unica strada da seguire. Al punto in cui eravamo, non c’erano alternative».
Anche perché il Vaticano non le ha mandate a dire non solo ad Ignazio, ma pure al premier e al Pd in questi giorni: ora vuole la garanzia dal governo che lui vada fuori dai piedi. La scomunica finale sull’Osservatore romano dà la misura dell’apprensione che circola da quelle parti in vista del Giubileo. E, dunque, la priorità per Matteo è chiudere la partita con la Santa sede perché questa sì che lo disturba, altro che le ubbie del sindaco. «Faremo tutto il possibile perché sia un successo». Vuole venire a capo del problema, cercare di non trasformarlo in un disastro come ha spiegato ad Orfini a Palazzo Chigi. Tanto da affrettarsi a rassicurare Oltretevere – attraverso il sottosegretario De Vincenti – che il governo ha sbloccato altri 30 milioni di euro: «Confidiamo che il Campidoglio saprà impegnarli rapidamente e al meglio».

COME è accaduto per Milano, prende in mano la regia: «Quando abbiamo confermato l’Expo – avverte – malgrado tutti ci suggerissero il contrario, non ci credeva nessuno. Adesso i risultati parlano chiaro. Sono convinto che che faremo lo stesso per il Giubileo». Vuole ripetere «il miracolo», ma con i suoi non nasconde la preoccupazione per la paralisi durante i giorni di interregno di Marino («Ha fatto bene a dimettersi», sottolinea) e ha bisogno di individuare un commissario che sia in grado di governare l’evento con il prefetto Franco Gabrielli, che avrà voce in capitolo sulla nomina. Viene spontaneo pensare all’assessore alla legalità Sabella, che ha incontrato al Nazareno il presidente del Pd. Qualcuno ritiene che per uscire dalle secche, il commissariamento potrebbe andare oltre la prossima primavera. «Non è in programma», assicurano i renziani.

SE NON È stato sciolto il nodo del commissario, figuriamoci quello del futuro candidato. Sa bene, il premier, che il voto sarà un referendum su di lui. Da Torino a Napoli, a maggio si rinnovano le amministrazioni delle città più importanti, è inevitabile che la sfida abbia echi nazionali: «Non possiamo sbagliare». Così, richiama il partito: «Chi vuole bene a Roma la smetta con le polemiche e le divisioni: ho fatto il sindaco e so che ai cittadini interessa che si sistemino le strade e i giardini, non le liti tra correnti». I nomi che si affacciano sono di componenti della società civile: l’ex ministro Riccardi, il presidente dell’autorità anticorruzione Cantone, Malagò che – malgrado la smentita – resta in pista, al contrario di Marchini, considerato troppo vicino al centrodestra. Cala il sipario sui politici: un candidato Pd – è il ragionamento – sarebbe vissuto come un candidato a perdere, l’agnello sacrificale. «Da quel punto di vista – ironizza un renziano – perfetto sarebbe Orfini». Cui più d’uno non perdona d’aver difeso Marino negli ultimi mesi. Si raffredda dunque la pista che porta a un politico: da Gentiloni passando per Rutelli per arrivare a Giachetti. Puntare su un city manager significa non fare le primarie: l’idea manda su tutte le furie la sinistra. «Sono inevitabili per ricostruire il Pd», riassume Speranza.