
(ANSA) – PALERMO, 15 GEN – Sono passati trent’anni dalla
cattura del boss corleonese Salvatore Riina, arrestato a Palermo
il 15 gennaio del 1993 dopo 24 anni di latitanza. Il primo passo
della offensiva dello Stato contro Cosa nostra dopo le stragi
del ’92 in cui caddero i giudici Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino assieme agli agenti di scorta.
Quel giorno i carabinieri intercettarono l’auto del capomafia
appena uscita dal residence di via Bernini in cui viveva da
tempo con la famiglia. L’operazione fu condotta dal gruppo
guidato dal Capitano Ultimo; con loro il pentito Baldassare Di
Maggio che riconosce Salvatore Biondino e Totò Riina a bordo di
una Citroen ZX. Riina, seduto sul sedile passeggero
dell’utilitaria guidata da Salvatore Biondino, viene bloccato
intorno alle 8,30 sulla rotonda di via Leonardo da Vinci, quando
l’auto ha appena superato il motel Agip. Il capitano Ultimo aprì
lo sportello: “Riina, lei è catturato per mano dei carabinieri”.
Lo stesso giorno si insediava a Palermo il nuovo Procuratore di
Palermo, Giancarlo Caselli. La mancata perquisizione del covo di
via Bernini, avvenuta solo alcuni giorni dopo quando la villa
era stata ormai svuotata e ripulita, sfociò poi in una rovente
polemica tra la Procura e i carabinieri e in un processo
concluso con l’assoluzione del vicecomandante del Ros Mario Mori
e del colonnello Sergio De Caprio, alias capitano Ultimo,
dall’accusa di favoreggiamento a Cosa Nostra.
Salvatore Riina è rimasto in carcere fino alla sua morte
avvenuta il 17 novembre 2017; era di venerdì, come il giorno del
suo arresto. Di tutti i suoi crimini non ha mai fatto nessuna
ammissione. (ANSA).
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