Politici, manager, industriali, finanzieri: tutti hanno creato società sull’isola per ridurre al minimo il conto delle tasse, spesso senza aver mai messo piede nel piccolo Stato del Mediterraneo.
Destinazione Svizzera? Macché. Lussemburgo? Nemmeno. È Malta la nuova terra promessa per chi fugge dalle tasse. L’Espresso, con un’inchiesta realizzata insieme al consorzio giornalistico Eic (European Investigative Collaborations), ha potuto consultare lo sterminato elenco degli italiani che hanno aperto una società nell’isola del Mediterraneo.Accanto agli imprenditori che hanno creato o trasferito attività reali, si è mosso anche un esercito di emigranti del fisco. Emigranti di lusso. Nella lista che sarà pubblicata da L’Espresso in edicola da domenica 21 maggio, ci sono politici, manager, industriali, finanzieri, gente di spettacolo e anche un gran numero di personaggi legati ai clan mafiosi.
Sono i Malta Files, quasi mezzo milione di nomi, che in alcuni casi ricorrono più volte, di una sessantina di nazionalità diverse.
Si scopre così che l’Italia è di gran lunga il Paese straniero più rappresentato nel gigantesco file: quasi 8 mila società maltesi sono controllate da azionisti italiani. Molti di loro non sono mai sbarcati nel piccolo Stato e hanno utilizzato Malta solo per ridurre al minimo il conto delle tasse. Negli ultimi anni il governo di La Valletta ha steso un tappeto rosso agli investitori stranieri che creano società sull’isola. A determinate condizioni, non troppo difficili da soddisfare, l’aliquota sui profitti d’impresa ufficialmente al 35 per cento può scendere fino al 5 per cento. Sono di fatto esentasse anche altre voci del conto economico, come gli interessi incassati sui prestiti o le royalty maturate grazie a brevetti o marchi. Navigano liberi (o quasi) dal Fisco anche gli yacht di ricchi stranieri che li hanno intestati a società maltesi.
Per dare un taglio alle imposte basta quindi trasferire reddito dalla società con base in Italia (dove l’imposta viaggia al 24 per cento) a quella registrata a Malta, che non è inserita nella black list dei paradisi fiscali. Anzi, fa parte a tutti gli effetti dell’Unione Europea e nel 2008 ha anche adottato l’euro. Non è un caso allora se le ditte iscritte al registro pubblico crescono al ritmo di 4-5 mila l’anno. E alla fine del 2016 il conto totale aveva superato quota 70 mila.