La droga è il male assoluto, per sconfiggerla bisogna vincere il disagio e responsabilizzare i giovani
La vicenda sollevata qualche giorno fa ha riportato alla ribalta lo scottante tema della legalizzazione o meno delle sostanze stupefacenti.
Tendo in primis a manifestare la mia più totale vicinanza all’amico Scarano che ha pagato a caro prezzo un errore e un’ingenuità del tutto censurabili ma sicuramente non tali da giustificare la gogna mediatica cui è stato sottoposto. Le vicende personali e gli errori dovrebbero rimanere in tale sfera, se ovviamente non riverberano i loro effetti negativi sul prossimo, e non essere di supporto a strumentalizzazioni politiche non propriamente raffinate. Ad ogni modo auspico che l’appartenenza di questi ad una compagine che predica i valori del perdono e della comprensione lo aiuti prima di tutto a far tesoro dell’accaduto e ricominciare il percorso di crescita a testa alta.
Per quanto riguarda il dibattito, invece, ho letto ed ascoltato con attenzione tutte le proposte singolari e…plurali pervenute dai vari esponenti politici e non posso nascondere un certo imbarazzo dinnanzi a certe affermazioni quali “Legalizziamo le droghe” “Legalizziamo anche le droghe pesanti” “Apriamo i punti di spaccio nella Repubblica”.
Quale liberale convinto, credo che tutto possa rappresentare un’opportunità quando però la cosa rimanga nell’ambito del privato e del non ledere il prossimo. Facendo una carrellata ho notato che chi propone la legalizzazione delle droghe molto spesso è un ragazzo o in qualche caso un adulto che quasi mai ha il privilegio di avere dei figli, e non è a caso che dico ciò poiché credo che nessuno che abbia fatto la fatica di crescere una bimba o un bimbo, avere passato le notti insonni, averlo cambiato e coccolato, avere faticato per educarlo al meglio delle sue possibilità, desideri un giorno che questi si fotta il cervello e la salute con delle sostanza psicotrope e stupefacenti. Le ragioni sono molteplici, la prima è ovviamente di carattere fisico: la droga fa male, altera l’organismo, dà assuefazione e accelera il degrado fisico e mentale. La seconda è di carattere sociale: il drogato è un soggetto socialmente in difficoltà che più facilmente frequenterà ambienti di un certo tipo che lo porteranno a compiere scelte ed azioni peggiorative del proprio status; con molta probabilità il fatto di essere consumatore di sostanze stupefacenti lo condurrà a comportamenti direttamente o indirettamente lesivi con effetti devastanti per le relazioni e la famiglia. La terza è di carattere culturale: perché il fenomeno droga è l’emblema del decadimento della nostra cultura dove evadere dalla realtà è più facile, semplice e sbrigativo che affrontarla. Credo che il punto sia tutto qui…una società stanca e malata come la nostra dovrebbe scacciare come la peste tutto ciò che ci allontana dalla realtà e dall’immanente, il bisogno di evadere dei nostri giovani e dei nostri concittadini meno giovani nasce da un disagio ed è su questo disagio che si deve lavorare. Ci si deve porre delle domande e in seguito trovare le relative soluzioni. Si deve dare alle persone gli strumenti per emanciparsi e vivere da protagonisti la propria vita, allontanando dunque ogni richiesta di fuga dalla realtà, ogni istanza di sballo rapido che è solo figlio della cultura del “tutto subito” del “guadagnare facile” del massimalismo da quattro soldi che ha governato molte teste di questo paese negli ultimi anni. Legalizzare le droghe è il modo più facile di lavorare sull’effetto e non sulla causa (il disagio e senso di inutilità), è un palliativo che darebbe solo adito ad un veloce rincoglionimento dei nostri figli e concittadini. In un momento di transizione come questo credo che sia più opportuno lottare per insegnare e trasmettere una cultura positiva e pragmatica del lavoro che insegni alle persone a realizzarsi e a lottare per risolvere attivamente i problemi, per combattere il disagio, sentirsi utili ed appagati cittadini di questo paese.
Alfredo Manzaroli