Sono ormai quasi dieci anni che fanno viaggi in Cina. Sia l’ex presidente della regione Marche Spacca che Alberto Drudi il presidente della Camera di Commercio di Pesaro e Urbino da anni li sentiamo dire e promettere fantomatici spazi economici per le nostre aziende.
Anche oggi apprendiamo in un comunicato stampa al ritorno dall’ennesimo viaggio e dopo che la Cina ha svalutato volutamente la sua moneta per ben tre volte, che – “C’è anche una Cina che funziona, che cresce a ritmi significativi, che fa investimenti dentro e fuori i confini nazionali, che ha un’attrazione particolare per i prodotti made in Italy e che guarda alla nostra provincia come partner di primo livello”. – Ma dopo tanti viaggi i risultati quali sono? L’export delle Marche verso la Cina da due anni è drasticamente in calo (- 6% nel 2014) per non parlare del rapporto con l’import che è 8 a 1. La realtà quindi è ben diversa, chi a vario titolo lavora in Cina, perché ha stabilimenti o esporta, ha da tempo abbandonato i sogni della crescita continua e infinita. Il governo cinese si è accorto che il “nuovo” modello di sviluppo, basato sulla domanda interna, non possa sostituirsi a quello vecchio, basato sull’export. E quindi Pechino con la svalutazione ha fatto un rapido dietrofront con la conseguente scelta di riprendere l’invasione di merci sui mercati economici mondiali. E siccome in Cina non brillano certo in quanto a rispetto dei lavoratori, a lotta allo sfruttamento minorile ecc… è immaginabile che la nuova invasione di prodotti cinesi segua la scia delle precedenti basandosi su un solo pilastro: i prezzi bassissimi. Con la ripetuta svalutazione la Cina ridà quindi vigore all’export e segna uno stop al «sogno cinese» di Drudi che farebbe meglio a rivendicare una protezione, un anti-dampind per difendere quello che rimane del patrimonio industriale locale difronte alla nuova ondata che ci sommergerà ancora una volta.
Roberto Zaffini