Marino, il Pd non lo difende più. Ipotesi dimissioni

ignazio-marinoIl sindaco perde anche il sostegno di Matteo Orfini. Dura telefonata tra il presidente dem e Matteo Renzi. Il partito vorrebbe comunque evitare il voto a primavera. E c’è chi parla di un possibile commissariamento.

Ignazio Marino è solo. Il Pd ormai lo ha scaricato. “La partita è aperta”, dicono fonti parlamentari dem sintetizzando la situazione che si è venuta a creare dopo l’apertura di un’inchiesta sulle spese di rappresentanza del sindaco. Nessuno prova più a difenderlo, neppure quel Matteo Orfini che è stato il suo grande protettore in Campidoglio e che ora rischia di essere indebolito dalla crisi del primo cittadino. Si parla anche di una telefonata tesa tra lo stesso Orfini e Matteo Renzi, con il premier che avrebbe rimproverato al presidente dem di aver voluto salvare a tutti i costi il sindaco. Al Nazareno non si esclude che Marino possa decidere un passo indietro, nonostante la mossa fatta ieri sera in extremis: la scelta di restituire i 20mila euro utilizzati per le spese di rappresentanza del Comune di Roma. E si teme l’arrivo di un avviso di garanzia per peculato che renderebbe la situazione davvero insostenibile.

A rompere gli indugi, dal fronte renziano, è stato Michele Anzaldi: “Roma merita questo stillicidio?”, ha detto in un’intervista all’Huffington Post. “E tutto questo quanto danneggia il Pd a livello nazionale?”. Ma l’intero partito è in fibrillazione. Ieri si sono susseguite riunioni convulse.  Prima il faccia a faccia Orfini-Marino in Campidoglio. Poi il vertice a tre tra Orfini, il vicesegretario Guerini e Bonaccorsi, punto di riferimento dei renziani a Roma. Infine un incontro a due, Orfini-Guerini. Ma il problema per i democratici è che un voto in primavera rappresenterebbe una sicura disfatta per il partito. E una vittoria a mani basse per i Cinque Stelle. Con il rischio, tra l’altro, di regalare al primo cittadino di un altro partito la vetrina del Giubileo.

Bisognerebbe dunque far slittare la caduta della giunta a dopo febbraio, scadenza fissata dalla legge per il voto in primavera. Per guadagnare ancora un anno e avere più tempo per la campagna elettorale. Tra i tanti scenari di queste ore, anche quello di una bocciatura del bilancio nel voto di novembre. In quel caso il Campidoglio potrebbe essere commissariato per poi andare al voto nel 2017.

La Repubblica.it