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  • Medici bocciano il robot cinese, ma il problema sono i dati

    (ANSA) – ROMA, 18 GEN – Il tallone d’Achille
    dell’Intelligenza Artificiale (IA) applicata alla medicina non
    sono gli algoritmi, ma l’accesso a dati strutturati e omogenei.
        A poco più di 5 anni da Xiaoyi, il primo robot capace di
    superare in Cina l’esame per l’abilitazione da medico, le IA
    applicate alla medicina ‘zoppicano’ ancora e la causa, osserva
    Andrea Cavalli, vic direttore scientifico dell’Istituto Italiano
    di Tecnologia (Iit), è la mancanza di una piattaforma comune tra
    mondo medico e informatico.
        A riprendere il tema sugli obiettivi disattesi
    dell’applicazione delle IA in ambito medico sono due recenti
    articoli pubblicati sulla rivista British Medical Journal (Bmj),
    nei quali si ricorda come nel 2016 uno dei padri delle tecniche
    di deep learning, Geoffrey Hinton, affermava: “dovremmo smettere
    di formare radiologi. È evidente che entro cinque anni il deep
    learning farà meglio dei radiologi”.
        Le IA negli anni hanno fatto grandi progressi e dato
    importanti contributi nell’ambito medico, ma sono ad oggi
    strumenti che non possono certo sostituire l’attività umana.
        “Sono strumenti che aiutano molto, che offrono un grande valore
    aggiunto, ma certamente la frase di Hinton attualmente non trova
    riscontro nella pratica medica”, ha commentato Cavalli.
        Ad aver limitato in questi anni la crescita delle IA non
    sono stati i miglioramenti tecnologici, ma questioni ‘burocratiche’. Le IA sono dei potentissimi strumenti capaci di
    analizzare ed estrarre informazioni importanti dai dati, ma se
    questi sono scarsi o difficili da analizzare, le IA non possono
    lavorare: se in pasto hanno dati ‘spazzatura’, producono
    risultati ‘spazzatura’. “Ad oggi i dati sanitari sono il tallone
    d’Achille – ha proseguito Cavalli – basta vedere i fascicoli
    sanitari elettronici. Sono dati poco strutturati e soprattutto
    troppo eterogenei, abbiamo un sistema sanitario che dovrebbe
    essere la fonte dei dati troppo frammentato. Ma non si tratta di
    un problema solo italiano: è così anche nel resto del mondo”.
        Senza dati, le IA non hanno carburante, dunque, per ottenere
    reali progressi esiste una sola soluzione: “dati, dati, dati”,
    ha concluso Cavalli. (ANSA).
       


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