Girandola di incontri per la numero uno dell’Eurocamera Roberta Metsola, che arriva a Roma proprio mentre, nei corridoi dei palazzi comunitari, aumentano i rumors che la danno come possibile candidata alla presidenza della Commissione Ue. Nell’agenda di Metsola, oltre all’incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quello con il presidente del Senato Ignazio La Russa e il presidente della Camera Lorenzo Fontana. La presidente del Parlamento europeo parteciperà inoltre all’inaugurazione del centro Esperienza Europa, dove verrà scoperta una targa in memoria di David Sassoli. Nella sua missione è però venuto improvvisamente a mancare l’incontro più atteso: quello a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio, ancora influenzata, è stata costretta ad annullare tutti gli impegni.
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Il cambio di programma non intacca tuttavia un dato: l’asse conservatore che, attorno alla maggioranza Metsola, sta emergendo negli ultimi mesi. Un asse che ha nel dialogo tra Ppe e Ecr – gruppo co-presieduto da Fdi – il suo architrave. In un’intervista al Corsera la presidente dell’Eurocamera ha evitato qualsiasi riferimento strettamente politico. Ha però sottolineato come l’Italia debba “mantenere la sua vocazione europeista e rimanere una forza costruttiva”. Europeismo e sostegno all’Ucraina, per i Popolari, sono le conditio sine qua di un’eventuale sodalizio con Ecr. Le frasi di Silvio Berlusconi su Volodymyr Zelensky, non a caso, hanno provocato un terremoto all’interno del Ppe, portando il capogruppo Manfred Weber ad una tardiva ma netta presa di distanza dalle dichiarazioni del presidente di Fi, che in diversi, tra i Popolari, vorrebbero di fatto fuori dal partito. “Non condivido queste parole, mi hanno confortato le parole del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri”, ha sottolineato Metsola che, in ogni caso, a Bruxelles ha visto la premier già due volte. Sul suo ruolo alle elezioni europee, Metsola finora non ha aperto ad alcuna ipotesi. Ma il nome della maltese, eletta tra i Popolari, circola soprattutto tra chi aspira ad un rovesciamento dell’asse tra Socialisti e Ppe, spostando a destra la prossima maggioranza all’Eurocamera. Quella che finora ha sostenuto Ursula von der Leyen, del resto, è ai minimi termini. In Plenaria, sul piano in risposta all’Ira annunciato dalla presidente della Commissione, la maggioranza si è di nuovo spaccata. E a non votare la risoluzione sul Green Deal Industrial Plan è stato proprio il partito di von der Leyen, il Ppe. La motivazione, hanno spiegato i Popolari, sono gli emendamenti messi in in campo da Renew: “si sono preoccupati più dei Verdi che di inviare questo segnale alle imprese”, hanno attaccato i Popolari. Il ruolo di Renew del resto, rischia di subire un pressing crescente da qui in avanti, stretti tra S&d e il Ppe in un contesto in cui la distanza tra queste due formazioni si va allargando. E, forse non a caso, tra gli italiani altre due delegazioni non hanno votato a favore della risoluzione: Lega e FdI si sono astenuti.
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