Personalmente abolirei sia i Sindacati sia l’Associazione degli industriali. Negli USA dove non esistono né gli uni né gli altri (almeno nelle forme – e nel gigantismo – che conosciamo) se la cavano piuttosto bene. Essi infatti danno l’idea di un mondo del lavoro diviso in due: da una parte gli operai dall’altra i padroni. Nel mondo globalizzato non è più così. Oggi – essendo la competizione globale – il nemico non è interno a noi bensì esterno.
La sfida è tra sistemi-paese per vendere i propri prodotti e per accaparrarsi le commesse a livello internazionale, per acquisire lavoro insomma. E’ ora di dire basta alla lotta di classe così come ha detto Marchionne a Rimini. La balla che ci hanno raccontato per anni vale a dire la dicotomia tra capitale e lavoro è falsa. Al contrario dobbiamo lottare affinché vi sia convergenza tra capitale e lavoro. Imprenditori e lavoratori uniti nel condividere il destino delle aziende. La mancata firma del contratto industria a San Marino ci dice che ancora questa consapevolezza non c’è.
Più in generale ci sembra che l’Anis abbia interpretato meglio di altri (compreso il governo) le istanze derivanti dalla globalizzazione. Il Sindacato invece (occorrerebbe dire la CSU, per l’USL il discorso è un po’ diverso) è ancora ancorato a vecchi schemi di stampo marxista. Ci vorrebbe un Bonanni anche a San Marino. Dov’è un Bonanni a San Marino? Semplicemente non c’è perché non c’è un sindacato di stampo riformista. Occorrerebbe un contratto di lavoro nazionale leggero che fissi dei parametri minimi; poi per il resto legare lo stipendio ai risultati conseguiti dall’azienda. Ricordo che quando lavoravo nel sindacato, poco meno di venti anni fa, inventammo l’oscillazione contrattuale (che andava in questo senso), ma poi non se ne fece nulla per le rigidità dell’epoca.
Certo la globalizzazione non può essere quella cosa per cui ½ miliardo di lavoratori dei paesi sviluppati deve adattarsi alle condizioni di lavoro degli altri 2,5 miliardi di lavoratori dei paesi in via di sviluppo. Il paradigma non può certo essere l’operaio cinese! Sicuro è però che certi diritti, così come li abbiamo conosciuti finora, sono destinati a essere soppressi. Una volta si considerava la competizione globale come una cosa tra Paesi uguali: l’Italia contro la Francia, la Spagna contro la Germania ecc. ecc…
Oggi non è più così. Oggi la competizione non è più tra paesi uguali bensì tra paesi molto diversi che non hanno la nostra stessa storia, sindacale e non. A livello internazionale siamo passati dal G7 di venti anni fa al G20 di oggi! Certo la questione dei diritti è una grande questione politica. Tutti noi sogniamo dei diritti sindacali perfetti nella fabbrica perfetta. Ma qui rischiamo di avere diritti sindacali perfetti in un quadro in cui le aziende se ne vanno. Che cosa diciamo poi ai lavoratori quando aziende come l’Alfalum e la Silex se ne vanno da San Marino?
Leonardo Raschi