Sarà più facile oggi vincere al Superenalotto che un domani trovare un lavoro. Soprattutto se si è giovani: a San Marino la disoccupazione generale è al 5,2%, ma tra gli under 25 il tasso in percentuale di senza lavoro schizza più in alto.
Colpa della crisi e della rigidità del nostro mercato del lavoro.
Ora forse la situazione sta lentamente migliorando, dalle aziende arriva qualche timido segnale di ripresa delle assunzioni. Ma proprio perché il mondo delle imprese si limiterà a prendere i talenti migliori, i «pochi ma buoni», per i giovani è fondamentale scegliere il percorso formativo che più incontra le esigenze aziendali.
Una delle agenzie per il lavoro, ha condotto un sondaggio fra 100 direttori del personale rappresentativi della realtà imprenditoriale italiana per cercare di l’identikit del candidato ideale all’assunzione. Nel campione aziende grandi, medie e piccole, di diverse tipologie (dalla meccanica ai servizi) e uniformemente distribuite sul territorio. A loro è stato chiesto di indicare quali lauree garantiscono il livello più alto d’impiego e quali saranno le professionalità considerate strategiche nel futuro prossimo (quelle cioè verso le quali dovrebbero orientarsi i giovani).
Le risposte sono state praticamente unanimi: ingegneria, nelle sue varie declinazioni, ed economia sono in assoluto le lauree considerate più spendibili, seguite a distanza da ingegneria gestionale, dal filone chimico-biologico-farmaceutico, da lingue e giurisprudenza.
Bocconi, Politecnico di Milano e Torino, Cattolica e Luiss sono le università che riscuotono più consensi dal punto di vista della capacità di costruire percorsi di studi adattabili alle richieste delle aziende, seguite a distanza dalle università di tradizione (Bologna, Padova, Venezia, Napoli).
Per quanto riguarda le professionalità strategiche emergono quattro grandi aree: commerciale (i venditori sono quasi gli unici ad avere mercato in questo momento), ricerca e sviluppo, finanza e controllo e la logistica.
Come leggere queste indicazioni? Mi paiono indicazioni che ripercorrono i soliti clichè organizzativi, frutto anche del fatto che in generale a San Marino come in Italia si fa poca pianificazione di bisogni futuri, si tende a perpetuare il presente. Al di là del tipo di laurea scelto, credo che a fare davvero la differenza sia tutto quello che di distintivo ci si costruisce attorno. Se devo dare un consiglio a uno studente, è di cercare di capire cosa lo rende unico fra le altre centinaia di neolaureati, e cercare l’azienda per la quale la sua unicità è un valore.
Cercare persone di talento, con esperienze che possono portarci qualcosa che non abbiamo.
Dall’altro lato, anche l’iper specializzazione con il master crea aspettative eccessive: abbiamo bisogno di profili inizialmente piuttosto umili, che crescano all’interno dell’azienda.
Si conoscono e incontriamo ragazzi Sammarinesi con ottimi curriculum a scarsa esperienza e voglia di confrontarsi in un contesto internazionale. Percorsi accademici ineccepibili ma conoscenze linguistiche inferiori alle aspettative, e alla fine meno competitivi, in una multinazionale come la nostra, rispetto ai loro pari età europei.
Così i nostri ragazzi potrebbero giocarsi le loro chance alla pari. Oggi la differenza la fa molto l’università: ce ne sono di ottime, ma molte purtroppo sono troppo autoreferenziali e poco proiettate verso il mondo delle aziende.
Le aziende Sammarinesi non devono rinunciare, nonostante la crisi, a misurarsi con il mondo dei giovani, soprattutto con lo strumento dello stage. Oggi la situazione è più difficile, ma potrebbero avere l’opportunità di entrare in azienda, ed essere pronti quando i mercati ripartiranno.
Perché lo stage, alla fine, è una delle più importanti chiavi di accesso al lavoro: non c’è azienda che non lo utilizzi per testare i ragazzi «on the job», per verificare, oltre alle conoscenze teoriche, la capacità di lavorare in gruppo, di portare avanti progetti in autonomia, di inserirsi in contesti multiculturali. Caratteristiche più importanti del percorso accademico. Cercare competenze trasversali, che hanno a che fare con il modo di essere: curiosità, capacità di lavorare per obiettivi, di andare alla ricerca di conoscenze anche senza guida. Non possiamo permetterci di rendere obsolete le conoscenze al nostro interno, per questo è fondamentale aprirci ai giovani. Le aziende più grandi a San Marino dovrebbero creare un programma che permettesse ai figli dei dipendenti o studenti Sammarinesi, in quarta o quinta liceo, di entrare in azienda in estate: dovrebbe essere interessante osservare il loro approccio e il loro stile di lavoro, molto diverso da quello tradizionale.
Perché questa che gli americani definiscono «generazione Y», o dei «nativi digitali», (noi siamo emigrati digitali) ha capacità, modelli organizzativi e di pensiero profondamente diversi da quelli a cui le aziende sono abituate, e che potrebbero diventare strategici anche per uscire dalla crisi.
Parlando d’economia globalizzata, è necessario che soprattutto i giovani.
Possano entrare in quest’ottica, acquisendo quelle competenze trasversali e specifiche che saranno determinanti per l’ingresso nel mondo del lavoro.
Ma soprattutto lo stato RSM, per una nuova economia per San Marino, bisogna investire sui giovani e consolidare gli sforzi di tutti (in conclusione) sulla scuola…
Se viene riconosciuto il ruolo fondamentale dell’istruzione e della formazione per la crescita e lo sviluppo economico, occorre avviare una riflessione generale sugli.
Obiettivi futuri del sistema d’istruzione. Quindi l’istruzione e la formazione dovranno occupare un posto centrale nelle politiche programmatiche che riguardino l’aumento della qualità e dell’efficacia e riguardino adeguati investimenti nei settori ad alto rendimento economico, secondo quanto prevede l’Unione Europea.
Nel 2008 la spesa pubblica per l’Istruzione scolastica assorbe il 4,9% delle risorse del bilancio dello Stato.
La spesa corrente per i vari ordini di scuola presenti in territorio si è aggirata attorno ai 39 milioni di euro contro i 37 milioni del 2007.
In rapporto al PIL essa rappresenta circa il 3,0% e rispetto al 2007 non si riscontrano differenze sul PIL a fronte di una spesa pubblica totale invariata.
Ciò sta a significare che la spesa per l’istruzione, all’interno della spesa del settore pubblico, nel 2008 ha guadagnato quote superiori di risorse ma solo perché è aumentato il numero degli studenti.
A livello europeo, sulla base dei dati riferiti all’anno 2007, l’incidenza della spesa totale per l’istruzione sul PIL è stata del 4,7% in Italia, del 5,5% nel Regno Unito, del 5,6% in Francia, del 4,4% in Germania, del 5,4% in Austria, del 6,9% in Svezia, del 6,1% in Finlandia e del 5,5% nei Paesi Bassi.
Se si ragiona sulle cifre in termini di qualità ed in termini infrastrutturali, il settore della spesa per l’Istruzione non sembra sia uno dei settori privilegiati. E’ vero che la crescita demografica incide sia sul bilancio dello Stato che sul bilancio delle famiglie, ma è altrettanto vero che in percentuale, la scuola non ha ricevuto in proporzione la disponibilità delle risorse.
Un saluto da Michele Guidi (Orgoglio Operaio).
