MiFID II, Italia ancora in alto mare?
È noto come il nostro paese faccia spesso fatica a stare dietro alle normative europee, specie quando vanno a ledere privilegi consolidati. La ricezione della MiFID II, che possiamo dire aver rappresentato una piccola rivoluzione nel mondo della consulenza finanziaria, non sta facendo eccezione. Nonostante gli sforzi, infatti, che hanno ad esempio condotto alla creazione di un albo delle società di consulenza, in Italia non sono fin qui mancate le voci fuori dal coro, che stanno mettendo non pochi bastoni fra le ruote alla piena attuazione della direttiva.
La MiFID II è una direttiva europea entrata in vigore il 3 gennaio dello scorso anno. Acronimo di Markets in Financial Instruments Directive, la MiFID II è andata a sostituire la MiFID I, completando e perfezionando i contenuti della sua genitrice. L’oggetto principale è la consulenza finanziaria, regolata come mai prima in direzione di una sempre maggiore attenzione al cliente. Più trasparenza, più chiarezza, più partecipazione. La MiFID II mette il cliente al centro della consulenza, come dovrebbe essere naturale. Questi deve essere tenuto informato su qualsiasi mossa del consulente, sui rischi e le opportunità, sulle strategie perseguite. Inoltre, via libera definitivo alle società di consulenza indipendente. Le SGR dovranno chiarire, infatti, la presenza di eventuali conflitti di interessi e di agenti terzi che possano trarre vantaggio dalle scelte in sede di investimenti. Una piccola rivoluzione, appunto.
L’Italia, ovviamente, ha dovuto fare di testa sua. Ad oggi, l’applicazione della normativa non ha né modalità né tempi certi, benché il 31 marzo rappresenti la data ultima per l’invio dei nuovi rendiconti ai clienti da parte delle società. Proprio attorno alla questione dei rendiconti si è scatenata la bagarre. Le società di intermediazione, quali Abi, Assofim, Assoreti e Assogestioni (tra le principali) hanno a gran voce chiesto un rinvio dell’applicazione, e magari ulteriori chiarimenti su come redigere i nuovi rendiconti. Sullo sfondo, verosimilmente, esiste una difficoltà da parte delle società ad adeguarsi alle nuove regole del gioco, che vanno a minare uno status quo destinato a vedere la fine. Se ne è accorta la Consob, che anziché schierarsi dalla parte delle società, ha usato il pugno duro per ribadire la necessità di dare avvio in tempi rapidi alla nuova era.
La Consob ha messo in luce gli aspetti più importanti della MiFID II, sottolineando la centralità del ruolo del cliente nelle decisioni in fatto di investimenti. Come detto, sarà la trasparenza il cardine della nuova consulenza. Naturalmente, si è osservato da più parti che il gap conoscitivo tra consulente e cliente non potrà essere eliminato per via legislativa, e rimarrà dunque l’ostacolo principale ad una consulenza realmente “democratica”. D’altro canto, però, la direzione intrapresa pare molto interessante. Ad esempio, in merito ai costi, essi dovranno essere trascritti nel loro valore assoluto e non in percentuale come accadeva fino a poco fa; in tal modo, anche il cliente meno esperto potrà rendersi conto se l’impresa valga la spesa.
Si spera che l’Italia decida, una volta per tutte, di non rimanere indietro. Vero è che solo il 30% degli italiani conosce in maniera soddisfacente i contenuti della MiFID II. Un passo avanti sarebbe, innanzitutto, la piena applicazione.