Migranti, il Prefetto striglia i sindaci. Morcone: se ci danno soluzioni meglio, altrimenti le troviamo noi

url«NESSUNO PENSI che i prefetti possano fare un passo indietro. Non lo fanno e non lo faranno». Mario Morcone, capo del Dipartimento per l’Immigrazione del Viminale usa toni ultimativi. Gli allarmi, le preoccupazioni, gli scontri con i rappresentanti dei Comuni e delle Regioni sulla distribuzione dei migranti non potranno modificare in alcun modo la politica di accoglienza del nostro Paese.
Anche se arriverà un milione di profughi come si dice?
«Non credo al milione di persone. Penso ci sarà un’ulteriore crescita della pressione migratoria perché di fronte a una soluzione muscolare si crea sempre un bypass: la disperazione va oltre. Non aiutano il tappo alla frontiera turco-greca e la situazione in Libia».
Il Brennero, i paesi balcanici, il Nord Africa. Logico che gli amministratori siano preoccupati.
«Inutilmente. L’accoglienza offre anche opportunità: noi paghiamo il 95% e solo il 5% pesa su di loro. Non solo. Questi fenomeni attivano volani positivi. Peccato che molti sindaci non ci pensino».
Quando un amministratore locale dice no i prefetti che fanno?
«Come è nostra tradizione e cultura, i prefetti cercano prima la condivisione delle scelte. Ci sono tavoli regionali con rappresentanti dell’Anci, con i sindaci, con gli amministratori. Tavoli che sono nati per cercare la mediazione sulle esigenze del territorio».
Occasioni di confronto che non sempre vengono sfruttate?
«L’abbiamo detto e ripetuto. Noi vogliamo i sindaci protagonisti per aiutarci a offrire le soluzioni migliori rispetto al territorio e alle aspettative dei cittadini».
Ma non succede…
«Per tanti motivi. Uno, sicuramente meno nobile, è la posizione ideologica. A volte, poi, è solo preoccupazione per la paura di non essere in grado di gestire la situazione. Oppure c’è l’effetto emulazione: se il paese vicino dice di no perché io, invece, devo accogliere? In realtà, per noi, i progetti elaborati con i sindaci sono i migliori, sono le best practice dove c’è il coinvolgimento vero».
In alternativa entrano in campo i prefetti. Come?
«Si ricorre, non senza fastidio, alle gare e alle strutture temporanee. Non ne siamo orgogliosi anche se le esperienze, nel complesso, sono buone. Il valore dell’accoglienza resta superiore».
La chiusura, dunque, mette in moto altri meccanismi…
«Ci spinge a scelte ineluttabili. Perché è bene che nessuno pensi mai che i prefetti possano fare un passo indietro. Non lo fanno. Lo abbiamo spiegato, insieme con l’Anci, diverse volte e in modo molto chiaro».
Quali territori oppongono maggiore resistenza?
«Al Sud c’è un atteggiamento meno chiuso, anche in piccole realtà. Al centro nord crescono le resistenze, più dure in alcune regioni dove si immagina di fare, così, opposizione al governo. Ma si tratta di un duplice errore. Parliamo di persone e non è sulle persone che si può fare opposizione».
Il secondo errore?
«Sono atteggiamenti che non portano lontano. È stato preso un impegno il 10 luglio del 2014. Stato, regioni, enti locali insieme per una distribuzione nazionale equa e basata su quote statistiche condivise. Ecco perché non c’è da girarci attorno: se tu sindaco ci vuoi dare una mano ne siamo felici. Se non lo fai noi lo facciamo lo stesso. Lo abbiamo fatto. Oggi la Lombardia è la regione che accoglie il maggior numero di migranti».
Nonostante i proclami…
«Il Veneto. Mi dici che a Oderzo non possono stare 500 persone. Se mi offri tante soluzioni diverse ognuna per 20 persone noi siamo più contenti piuttosto che radunare tutti in caserma. Non abbiamo interesse a sconvolgere il territorio. Ma se queste soluzioni non me le dai… Facciamo lo stesso. E abbiamo fatto: oggi il Veneto è alla quota dell’8%, come era stato fissato».
Si procede con le gare…«I prefetti stanno facendo un miracolo. Dal 2014, quando ci fu l’ondata dei 170.000 arrivi, non ci sono state mai più ordinanze di Protezione civile. Tutto viene fatto con procedure ordinarie in collaborazione con l’Autorità anticorruzione. Poi si può dire che ci siano criticità, ma non si può disconoscere l’enorme lavoro fatto dai prefetti che hanno realizzato in Italia l’Infrastruttura dell’accoglienza».