MIGRAZIONI, UNA REALTA’ STORICA
Nell’infinita pluralità di tematiche che permeano gli attuali dibattiti internazionali e affollano le pagine dei maggiori quotidiani, uno in particolare dovrebbe suonare da monito e richiamare all’attenzione le nostre coscienze, per la sua tonante drammaticità: il tema dei migranti. I vertici politici discutono in un turbinio di proposte, divisi tra chi perora la decisione di respingerli e chi desidera aprire , oltre alle porte della propria coscienza, anche le frontiere e concedere agli esuli la possibilità di ricomporre i frammenti di un’esistenza in frantumi su un suolo ospitale, ma per il momento non si è giunti ad alcun esito di particolare rilevanza.
La storia dell’uomo è caratterizzata da una costante mobilità, Hans Magnus Enzensberger scrive: “la sedentarietà non fa parte delle caratteristiche della nostra specie fissate per via genetica”. Gli spostamenti di singoli, gruppi o interi popoli alla ricerca di migliori condizioni di vita sono stati da sempre attivati da cause di tipo economico, ma anche da guerre, conflitti sociali, intolleranza religiosa. Ciò ha comportato il mescolarsi di culture, ma anche di caratteristiche genetiche che ha conseguenze sull’identità di tutti gli elementi umani coinvolti; in quanto, come minimo, la cultura d’origine del migrante interagisce e influenza sovente la cultura della popolazione che lo accoglie. Tutto ciò comporta un costo pagato spesso, per la maggior parte, dal nuovo arrivato che deve faticare per sopravvivere in un ambiente nuovo e talvolta ostile, ma anche per la società che lo accoglie.
Uomini e donne che si imbarcano nella speranza – non nella convinzione – di trovare un posto dove vivere meglio e dignitosamente, pagando per un sogno che, non di rado, si trasforma in incubo. Ne sono una prova tangibile le imbarcazioni di immigrati provenienti dal continente africano dirette verso le coste del Mediterraneo che si disperdono nella profondità del mare prima di arrivare a destinazione.
Nella storia dell’umanità la migrazione è sempre esistita. Singole persone, famiglie o intere popolazioni si sono spostate da un Paese all’altro, da un continente all’altro. In questi ultimi anni i flussi migratori si sono ulteriormente accentuati con la rottura dell’equilibrio internazionale che si reggeva sulla contrapposizione tra il blocco occidentale e quello orientale, delineando l’avvio di un nuovo ordine geopolitico. La migrazione, inoltre, è il risultato del fallimento di tutte le forme di cooperazione e di politica di sviluppo degli ultimi decenni. Già negli anni ’70 si parlava della necessità di un nuovo ordine economico mondiale, ma siamo ben lontani da questo, anzi la situazione è peggiorata.
Quando tentiamo di analizzare i flussi migratori e a questi cerchiamo di dare delle soluzioni, dobbiamo essere consapevoli del fatto che la migrazione non è un semplice fenomeno circoscritto nel tempo, ma una realtà attuale con crescita esponenziale nel futuro. In molti Paesi, i migranti vengono utilizzati come “oggetti” e non come “soggetti”, in politica vale sia per la sinistra che per la destra. Inoltre, si cade troppo facilmente nella trappola dei luoghi comuni: si alimenta la paura, senza distinzione tra le varie tipologie di migranti (rifugiati…etc), cercando di spiegare che i migranti rappresentano una minaccia, un pericolo per la stabilità della società, per l’identità del Paese.
Dall’altra ci sono i buonisti, gli ottimisti che dipingono l’integrazione con i colori del multiculturalismo, del melting pot. Ambedue le concezioni, a mio avviso, sono pericolose. La migrazione è complessa e va affrontata e governata per quello che è, ma soprattutto va capita e conosciuta, valorizzandone il bagaglio che porta con sé. Non dimentichiamo che i migranti provengono da Paesi diversi, hanno culture, lingue diverse ed hanno un diverso modo di vivere. L’integrazione nelle e delle società d’arrivo è una delle maggiori sfide di oggi e di domani, è un processo continuo e in continua evoluzione. È un modo di vivere al quale deve contribuire sia chi arriva, sia chi accoglie. A seguito di esperienza personale, avendo partecipato come volontaria a più missioni umanitarie, posso confermare che è altrettanto difficile e molto impegnativo, portare supporto e formazione in loco, nei loro paesi di provenienza, interagire con i giovani e le donne soprattutto e conquistarne la fiducia nel rispetto delle loro tradizioni, con un comportamento che vorremmo ricambiato anche nei nostri confronti.
Sono consapevole da tempo, essendo studiosa e ricercatrice dei fenomeni migratori, che la migrazione non deve essere percepita soltanto come un problema, ma anche come un fenomeno positivo per la crescita e lo sviluppo sia per i Paesi d’arrivo, sia per quelli di partenza. Dalla storia apprendiamo anche che i più alti tassi di sviluppo si verificarono proprio in quei Paesi che sistematicamente accoglievano e incoraggiavano l’immigrazione. Così è successo negli Stati Uniti, e in diversi Paesi europei. Non solo, attraverso le loro rimesse e gli investimenti soprattutto nell’edilizia, gli italiani e anche tanti concittadini sammarinesi che nel secondo dopoguerra sono andati a lavorare all’estero, hanno contribuito in modo significativo alla ricostruzione del loro Paese d’origine, allo sviluppo dell’economia.
Maggiore sarà la disponibilità di entrambi i soggetti, migranti e popoli ospitanti, a comprendere le ragioni degli uni e degli altri, più sereno e fruttuoso sarà il futuro per tutti. Impariamo a conoscerci per riconoscerci…ma questo è solo il mio pensiero!
Elisabetta Righi Iwanejko