«NON ci basta, vogliamo i soldi, li vogliamo tutti. I gioielli. Dove sono i gioielli? Dicci dove sono gli altri soldi, altrimenti vi apro tutti. E con un coltello da cucina continuava a colpire il tavolo della cucina. Poi ha preso la bambina (
che ha 10 anni) l’ha portata al piano di sopra e le ha urlato devi dire a tuo papà che ci deve dare i soldi perché noi gli tagliamo le dita». Eccola la sequenza del terrore raccontata agli investigatori da Rodolfo Corazzo, il gioielliere, 59 anni e fisico atletico, allenato dalla palestra e dal karate, che martedì sera, nella sua villetta di Lucino di Rodano, alle porte di Milano, ha ucciso il rapinatore pluripregiudicato albanese, che imbottito di coca fino ai capelli e con due complici lo ha tenuto in ostaggio per un’ora e mezzo.
«NEL momeno esatto in cui ho percepito che ci avrebbero ammazzati tutti – dice Corazzo – me, mia moglie e la mia bambina, ho sparato. Solo in quel momento, ho estratto la pistola che avevo nella giacca e ho sparato. Gli avevo dato tutto ma loro non ci credevano. Erano pazzi. È stato orribile, ma non avevo scelta, ci avrebbero uccisi». Sono da poco passate le 19.30 di martedì sera, Rodolfo Corazzo, in sella alla sua moto ha chiuso la lussuosa gioielleria in centro a Milano, «Le caveau du Temps», zona nobile di Porta Venezia. Sta entrando nel giardino della sua villetta di Rodano. I tre rapinatori lo seguono, lo aspettano e lo bloccano lì, sulla porta di casa, in via Matteotti. Comincia l’incubo. Il fruscio dei proiettili che gli sfiorano il viso. La canna lunga della 357 Magnum in mano a uno dei rapinatori che spunta dal muro della cucina, dove, rintanate, dietro il divano, ci sono la moglie e la figlia. Lui, Rodolfo Corazzo, è in piedi dietro la porta, in un ultimo disperato tentativo di difendere la famiglia. Esplode un primo colpo d’avvertimento nel vano scale che porta ai box: «Per farmi sentire, sperando che se ne andassero», dice agli inquirenti. Complice la coca, Valentin Frokkaj, l’ergastolano 37enne evaso due volte e ancora latitante, che non voleva accontentarsi del bottino raccolto, svuota il caricatore.
CORAZZO spara ancora alla cieca e centra al petto Frokkaj. Dopo il colpo a segno, con i due complici scende le scale, lasciando cadere le telecamere che hanno ripreso l’assalto. «Sono saliti sull’auto di mia moglie, una Cinquecento. L’hanno usata come ariete per sfondare la basculante e scappare», dice ancora il gioielliere. Frokkaj è stremato, si accascia a terra, morto, i suoi due complici fuggono a piedi da una fessura della saracinesca solo parzialmente scardinata. Addosso al cadavere dell’albanese tanta cocaina e vicino alla villetta una Golf rubata a Brescia, usata dagli aggressori per raggiungere Rodano.
La dinamica è molto chiara tanto che il procuratore aggiunto Alberto Nobili, che insieme al pm Grazia Colacicco sta indagando sulla morte del rapinatore, ha parlato di «un classico caso di legittima difesa». Il magistrato ha chiarito ancora che: «i primi accertamenti confermerebbero la versione dei fatti fornita dallo stesso Corazzo, che ha assicurato di aver sparato per legittima difesa soltanto dopo essere stato aggredito dai banditi che avevano già sparato diversi colpi di pistola contro di lui». A confermarlo ci sarebbero anche le telecamere. Corazzo, difeso dall’avvocato Piero Porciani, non è quindi indagato. Intanto è caccia ai complici che sono fuggiti armati.
La Stampa