LE NOTIZIE, a margine della questione puramente giudiziaria, sono due. Che Patrizia D’Addario, la escort che per prima inguaiò Silvio Berlusconi registrando una loro notte di sesso a Palazzo Grazioli, è rimasta al palo. La giustizia barese che processava i suoi sodali come Giampiero Tarantini, procacciatore di ragazze per lo stesso ex premier, non le ha riconosciuto alcun risarcimento come parte lesa.
Alla lettura della sentenza, la D’Addario l’ha presa male. «E adesso – ha esclamato – chi crescerà i miei figli?». Quindi ha avuto un malore, dopo aver ingerito svariate pillole per la tiroide. L’hanno portata in ospedale. «Ora non mi resta che il suicidio», ha minacciato.
LA SECONDA notizia è che Silvio Berlusconi non l’ha scampata del tutto. Anzi. Non coinvolto direttamente nel processo, ora rischia invece di finirci dentro comunque. Perché il tribunale di Bari, ai sensi dell’articolo 377 del codice penale, ha trasmesso gli atti alla procura per valutare l’eventuale l’incriminazione del Cav per intralcio alla giustizia. È probabile, sostengono gli avvocati di parte, che questa ipotesi di reato si riferisca alla mancata presentazione in aula della testimone Barbara Guerra, teste particolarmente vicino all’ex premier, che non si è mai presentata in udienza, nonostante i ripetuti appelli della Corte. Insomma, Berlusconi aveva appena annunciato, giusto l’altra sera da Vespa, che era pronto a tornare in campo con tutti gli onori ed ecco che la giustizia si ricorda di lui. Per metterlo ancora nei guai.
IL RESTO della giornata giudiziaria di ieri a Bari è pura cronaca. Ovvero che lo stesso Tribunale di Bari ha condannato il principale imputato del processo ‘escort’, appunto Giampaolo Tarantini, Giampi per gli amici, a 7 anni e 10 mesi di reclusione per «reclutamento della prostituzione». Atto che è stato dimostrato in più di 20 episodi. Con la stessa accusa è stata condannata a 16 mesi anche Sabina Began, ‘l’ape regina’ delle feste organizzate dall’ex premier. Condanne anche per Massimiliano Verdoscia (3 anni e sei mesi) e Pierluigi Faraone (due anni e sei mesi).
Accolta in pieno dalla corte, quindi, la tesi accusatoria dei pm, secondo cui Tarantini organizzava sul serio il giro di escort a favore dell’ex premier per ‘corteggiarlo’ con l’obiettivo di entrare nel suo cerchio magico sfruttando il suo ‘lato debole’.
DI QUESTO disegno, Massimiliano Verdoscia e Pierluigi Faraone sono stati i «referenti operativi dell’organizzazione» insieme a Sabina Began. L’invio di prostitute nelle residenze dell’allora capo del governo era finalizzato a una serie di obiettivi: Tarantini voleva candidarsi con Forza Italia alle elezioni europee del 2009 e, attraverso Berlusconi, voleva fare affari con Protezione civile e Finmeccanica. Progetto che però franò dopo la perquisizione della Guardia di Finanza su disposizione della magistratura barese.
Un disegno fallito, dunque. Eppure, ieri Tarantini ha avuto ancora parole di elogio per l’ex premier: «Berlusconi è una persona buona e generosa, quando sei in difficoltà ti dà una mano, come è successo a me, ma non mi ha mai chiesto di mentire e credo che come non lo ha fatto con me, non lo abbia fatto nemmeno con altre persone».
IL TRIBUNALE di Bari, però, non c’ha creduto. Così, accanto agli atti relativi a Berlusconi, in Procura sono anche stati spediti i fascicoli di alcune delle ragazze portate da Tarantini nelle residenze di Berlusconi ossia Vanessa Di Meglio, Sonia Carpentone, Roberta Nigro, Ioana Visan, Barbara Montereale e Dino Mastromarco, quest’ultimo ex autista di Gianpaolo Tarantini.
Per tutti loro s’ipotizza il reato di falsa testimonianza.